Uno Studio sulla Medicina Omeopatica. Parte II: L’Omeopatia ed il Paradigma Scientifico. Ricercando una Validita’ Interna.

Non v’è altra tenebra che l’ignoranza

Shakespeare, Romeo e Giulietta

Il Paradigma Scientifico e l’Omeopatia

Questa parte indaga sulle ricerche condotte sul Sistema Clinico-Farmaceutico Omeopatico e la loro Validità Interna. La Medicina Omeopatica, inoltre, è posta di fronte al Criterium di Demarcazione della Teoria della Scienza per definire se appartiene (oppure no) al Paradigma Scientifico.

L’indagine analizza la letteratura scientifica omeopatica attraverso gli “strumenti” della Teoria della Scienza e della Metodologia con flessibilità mentale, competenza trasversale utile per evitare phenomena di fissità funzionale (Epis, 2011 – 2015), riducendo i rischi di bias e pregiudizio.

Una disciplina per appartenere alla Scientia deve avere: (1) un insieme di teorie formulate secondo il principio di falsificazione a là Popper, capaci di condurre alla creazione di Nuova Conoscenza a là Lakantos; (2) un Corpus di studi sperimentali, conformi ai criteria del Metodo Scientifico, atti a fornire dei research findings idonei a corroborare, oppure confutare, le teorie e le ipotesi testate.

Dall’analisi emerge che la Medicina Omeopatica possiede: (1) un insieme di teorie e d’ipotesi formulate secondo il principio di falsificazione; (2) un Corpus di studi sperimentali atti a corroborare e/o confutare le teorie e le ipotesi testate.

Risulterà, inoltre, che:

  • le “teorie classiche” (basate sui tre principia visti nella Parte I) sono state corroborate dai data sperimentali, mentre non sono state corroborate le teorie “recenti” basate sul principio dell’analogia e/o su prescrizioni che si scostano dal principio del simile;
  • una capacità generale del Sistema Clinico Farmaceutico Omeopatico, prescritto su base “individualizzata”, ad ottenere risultati migliori rispetto al placebo e/o non inferiori (alias: equivalenti e/o superiori, caso per caso) a quelli dei famaci di riferimento. Quest’ultima “tecnica” di “controllo” fornisce una “sorta” di “convergent validity”. Inoltre, indirettamente, supporta una maggiore efficacia del rimedio omeopatico rispetto al placebo.

E’ assunto per assioma che il farmaco di riferimento abbia maggiore efficacia del placebo. Di contro, come vedremo nella sperimentazione relativa ai SADDs, quest’ultimo assioma non è sempre vero. Alcuni farmaci di riferimento sono risultati avere efficacia uguale al placebo;

  • l’incapacità dei rimedi omeopatici prescritti su base nosologica (not-individualized homeopathy) di riportare risultati migliori rispetto al placebo;
  • l’impossibilità oggettiva, per la Natura dell’Omeopatia, d’ottenere gradi di evidenza atti alla formulazione di raccomandazioni cliniche sui singoli rimedi omeopatici. Un punto sul quale concordo con la Review del 2015 dell’NHMRC.

Dalla ricerca, quindi, emerge la necessità di distinguere fraomeopatia individualizzataedomeopatia non individualizzata”. Quest’ultima, a sua volta, richiede di distinguere fra le prescrizioni “non-individualizzate” fatte per singoli rimedi ed Alte Potenze e le prescrizioni di complessi costituiti da un mix di Basse Potenze. Le prime non sono in grado di riportare risultati migliori rispetto al placebo e/o versus il farmaco convenzionale di riferimento; i secondi (da valutare caso per caso) possono esserne capaci, per i motivi illustrati in questa Parte.

Questi “distinguo e distinguendo” sono rilevanti per:

  • valutare le Reviews. Molte di queste, non distinguono fra individualized homeopathy e not-individualized homeopathy. Solo l’individualized homeopathy applica il principio del simile, mentre la not-individualized homeopathy non lo applica. Mischiare assieme, trials condotti con queste due diverse modalità, crea: da una parte, forti bias; dall’altra, l’incapacità di capire “cosa” funziona, o “cosa” non funziona, nell’odierno “contenitore” chiamato Omeopatia. L’esito delle Reviews, infatti, consegue alla proporzione che questi trials hanno fra di loro. Aumentando il numero dei primi, otteniamo risultati significativi vs placebo; incrementando il numero dei secondi, produciamo risultati negativi. Fare una generalizzazione dei risultati, come è avvenuto fino ad oggi, è un grave errore che alimenta la confusione e l’ambiguità alla base di tutte le polemiche sull’Omeopatia (oltre ad non essere un ragionamento contingente come inteso e definito infra);
  • trarre indicazioni utili per condurre ricerche attendibili, migliorando la qualità dei RCTs;
  • acquisire informazioni utili ed affidabili a fini clinici.

In altre parole, i research findings confermano la validità dell’Omeopatia (prescritta conformemente al principio del simile – Omeopatia “individualizzata”) e l’invalidità di tutte quelle “nuove forme” che si scostano dai tre principia visti nella Parte I.

Le difficoltà oggettive dei singoli rimedi ad ottenere gradi di evidenza per “raccomandazioni cliniche” deriva da ciò. Funzionando se prescritti su base individualizzata, non riportano risultati significativi se prescritti su base nosologica / “non individualizzate”. Questo, in se’ e per se’, limita la possibilità d’ottenere gradi di evidenza per raccomandazioni cliniche[1]. Gradi di evidenza che, di solito, sono testati con RCTs di not-individualized homeopathy.

Il Corpus di studi sperimentali omeopatico è composto da tre sub-corpora.

Il primo raggruppa tutti gli studi sperimentali atti a corroborare e/o confutare la validità dei principia e delle Teorie Fondamentali sulle quali è basato l’intero Sistema Clinico-Farmaceutico Omeopatico. Questi studi includono tutta la ricerca di base ed i RCTs fatti con “prescrizioni individualizzate”.

Il secondo è costituito dai trials clinici atti a testare la validità terapeutica dei singoli rimedia su date noxae patogene. Questo sub-corpus a sua volta si divide in due sub-insiemi. Da una parte, abbiamo i trials fatti in modalità “non individualizzata”, come avviene per i farmaci convenzionali. Questi sono veri e propri esperimenti dove il rimedio è testato su base nosologica su samples della popolazione generale. Lo stesso rimedio (Belladonna) viene prescritto alla stessa diluizione/dinamizzazione (5 CH) a tutti i pazienti che soffrono della stessa noxa patogena (influenza). Dall’altra parte, abbiamo i trials fatti in modalità “individualizzata”. Quest’ultima rappresenta il vero modus operandi dell’Omeopatia. Il rimedio non è prescritto su base nosologica, ma sulla sovrapposizione dell’individualità morbosa del paziente con l’individualità medicamentosa del rimedio. La stessa noxa patogena (influenza) è trattata con rimedi diversi (Belladonna; Gelsenium; Euphorbium; Arsenicum; Bryonia; Ferrum Metallicum; Chamomilla; etc…) a diluizioni/dinamizzazioni diverse  (5 CH; 30 CH; 200K; 1000K; etc…) su pazienti diversi. Qui non si può parlare di esperimento, ma (al massimo) di quasi-esperimento. Ogni rimedio è efficace solo su una sub-popolazione che, condividendo determinate caratteristiche, risulta “sensibile” ad esso.

Questo sub-insieme è quello maggiormente problematico. In discipline quali la Criminologia, i quasi-esperimenti si basano su sub-popolazioni che condividono caratteristiche oggettivamente osservabili (furti; lesioni; risse; omicidi; etc…). Di contro, in Omeopatia, il riconoscimento delle caratteristiche dipende dai fattori soggettivi del Medico Omeopata che conduce la diagnosi omeopatica. Medici diversi, fanno diagnosi omeopatiche diverse (raggruppando gli stessi soggetti in sub-popolazioni differenti). Questo crea problemi di Realibility inter-soggettiva.

Quest’ultimo è un aspetto “serio” che dovrebbe essere dibattuto fra chi “critica” e chi “sostiene” l’Omeopatia. Di contro, passa in “sordina”, poiché “chi” critica l’Omeopatia non la conosce e non l’ha studiata. Le critiche mosse, così, ricadono in “luoghi comuni”, impoverendo lo stesso dibattito e rinforzando “posizioni ideologiche”.

Il terzo sub-insieme è costituito dai provings omeopatici (sperimentazione omeopatica “in senso stretto”) finalizzati ad individuare la patogenesi (alias la tossicologia) delle sostanze sui soggetti sani. La sperimentazione è finalizzata ad identificare l’individualità medicamentosa del rimedio. In passato, la tossicologia si identificava con la patogenesi. Oggigiorno, non è più così. Eccetto per alcuni rimedia quali Iodium (testati solo con TMs), tutte le sostanze sperimentate sono testate solo in Alte Potenze (e.g., 30 CH). Ancora, molte d’esse sono prive di effetti tossici se assunte in dosi ponderali. Exempli gratia, Licopersicum (il pomodoro) e tutti i Lactis (Caninum; Caprinum; Delphinum; Elephantinum; Felinum; Humanum; Leoninum; LupinumOvinum; etc …) sono sostanze prive di effetti tossici in dosi ponderali. Che tossicità ha il lac ovinum e/o caprinum assunto in dose ponderale sull’uomo?!?! Queste sperimentazioni, pertanto, aprono “nuove frontire” di “interrogativi” (sui quali, al momento, nessuno si è cimentato).

Escludendo a priori la Teoria dell’Anarchica della Conoscenza di Feyerbaund (1970), l’attuale Teoria della Scienza si basa su tre modelli principali: (1) il Posittivismo Logico col suo Test di Validità; (2) l’Evoluzionismo Epistemologico di Popper col suo Principio di Falsificazione; (3) il criterium di demarcazione proposto da Lakantos. Secondo quest’ultimo, una disciplina (per essere Scientia) deve avere la capacità di sviluppare un “programma di ricerca” capace di condurre progressivamente alla scoperta di fatti nuovi. Secondo Lakantos, non basta formulare teorie in modo falsificabile, ma bisogna avere anche la capacità di apportare Nuove Conoscenze.

Lakantos, exempli gratia, esclude la psicodinamica dal Paradigma scientifico, come avevano fatto i Teorici della Scienza al Simposio di New York (1958). Un argomento rilevante in quanto, alcuni aspetti “critici” dell’“Odierna Omeopatia” conseguono all’innesto in essa di pratiche “simil-psicodinamiche”.

Le teorie della psicodinamica non sono falsificabili, non passano il test di validità, non conducono alla scoperta di Nuova Conoscenza (salvo quella equiparabile ad una interpretazione letteraria). Di contro, sono mere Credenze che agiscono ex post sull’interpretazione che i soggetti danno ai fatti. Quest’ultimi, indipendentemente dal loro significato reale, vengono re-interpretati in modo conforme alle teorie psicodinamiche. Come la Religione e/o la Superstitione, la psicodinamica re-interpreta tutto conformemente alle proprie credenze, creando cicli viziosi, auto-referenziali ed auto-convalidanti, che imprigionano il pensiero in una sorta di “delirio cronico”.  Come in un disturbo cronico recidivante, le credenze psicodinamiche sono usate per interpretare i fatti, ed, ex post, le interpretazioni date ai fatti sono usate per confermare le credenze psicodinamiche (!!)[2].

La Medicina Omeopatica, oggigiorno, non si occupa solo del soma / corpus. Sempre di più pone attenzione alla psiche / anima. Un tentativo che mira a “semplificare” la ricerca del simillimum (rimedio) ipotizzando un animus comune in tutti i rimedia appartenenti alla stessa famiglia omeopatica.   Un animus che operativamente è descritti con alcuni themae fondamentali. Questi approcci hanno sviluppato una crescente attenzione per l’inconscio ed il mito. Questo ha innestato nell’Omeopatia gli stessi bias e meccanismi che avvengono in psicodinamica.

Exempli gratia, per comprendere come funzionano i themae e come derivino dall’analogia userò l’esempio della famiglia delle Liliacee. Questa famiglia omeopatica include anche: le Orchidaceae; le Zingiberales; le Bromeliales; le Nymphaeales; etc….  (conformemente a Merialdo Giacomo, 2018)[3].

Conformemente a Merialdo (2018), le Liliacee hanno come themae: l’Infantilismo. Esso non significa essere immaturi, ma avere un aspetto più giovane rispetto alla propria età anagrafica. Una gioventu’ rappresentata dalla bellezza dei gigli. Così, la Bellezza e l’Estetica sono altri themae della famiglia. Ancora, l’infanzia può essere vista come l‘Età dell’Oro, oppure, all’opposto, un “luogo irrisolto” al quale si è rimasti “legati” a causa d’un trauma. Un “legame” rappresentato dal mito di Giacinto (pianta appartenete alle liliaceae) che, nel “fiore” della sua giovinezza, cade colpito dal disco di Apollo (il trauma). Al trauma è connessa l’incapacità di elaborare la sofferenza e la perdita (che sono altri themae tipici della famiglia). Giacinto ebbe tre amanti: Tamiri; Borea o Zefiro; Apollo. Nessuno di questi voleva perdere il giovane per la sofferenza che ne sarebbe derivata. Apollo, così, fece privare l’avversario Tamiri della vista, della voce e della memoria, dalle Muse. Borea o Zefiro, di contro, non potendo far nulla contro il dio, animato da “profonda sofferenza” nel veder il giovane con esso mentre gli insegnava il lancio del disco, bloccò d’impeto il disco in aria che, ricadendo a terra, uccise il giovane. Ecco un altro thema per la nostra famiglia: il lutto (!) che consegue a ciò.  Ancora, non poteva mancare la Dicotomia fra Forze Opposte. L’animus del soggetto è un thetrum belli conteso da “forze opposte”, alias l’incapacità di Giacinto a scegliere fra “amanti” di “opposta natura”, divini o umani.

Come può essere osservato, questi themae sono legati all’analogia, alle metafore ed ai miti delle Liliacee. Essi non provengono dalla sperimentazione clinica (patogenesi), n’è tanto meno dai RCTs.  Sono credenze “estratte” per “assonanza” da un “qualcosa” … che, una volta assunte ad ipotesi, vengono sempre corroborate attraverso interpretazioni retrospettive (come in psicoanalisi). Ex post, tutto nella vita del paziente è “forzatamente” riletto e ricondotto a quei themae! In questo modo, però, si può corroborare tutto e l’opposto di tutto!

Questo crea un “un altro problema” (taciuto dai “critici” che non lo conoscono). Un Sistema che, nella sua “ortodossia”, rispetta il principio di falsificazione, si ritrova una “mina vagante” al suo interno. Una “mina” che fallisce ogni criteria di demarcazione. Una “mina” che contamina le voci repertoriali, la materia medica e la pratica clinica.

Chi afferma d’aver corroborato i themae nei casi clinici, “bara” col test di Validità. Questo poiché lo fa con interpretazioni retrospettive. Il test di Validità afferma che una Teoria è “vera” solo, e solo se, è in grado di predire un avvenimento futuro (conclusione) assunte determinate condizioni iniziali (premesse). La predizione deve essere ante facta, non post facta. Essa, inoltre, deve conseguire ad un Ragionamento Deduttivo. Attraverso l’interpretazione retrospettiva, non solo non è compiuto alcun ragionamento deduttivo, ma è “persa” la capacità predittiva del test di validità! Il test è fatto “tornare” (forzosamente) post facta, reinterpretando tutto per convalidare la credenza iniziale.

E’ stato detto, comunque, che qualunque Sistema Medico-Farmaceutico fallisce al Test di Validità, pertanto quest’ultimo non può essere usato a criterium di demarcazione. La Medicina, infatti, può formulare solo leggi probabilistiche che affermano una “maggiore probabilità” nel favorire la guarigione attraverso un determinato trattamento, piuttosto che d’un altro. Ciò rende applicabile un solo criterium di demarcazione: il principio di falsificazione. Falsificare è cosa ben diversa dal verificare (vedere Epis, 2018).

Il principio di falsificazione richiede che un farmaco per essere “efficace” deve dimostrare una maggiore capacità terapeutica rispetto al placebo. L’ipotesi è verificata attraverso trials sperimentali nei quali si applicano test statistici. I test pongono in esame un’Ipotesi Alternativa (Ha) contro un Ipotesi Nulla (Ho). La prima afferma l’esistenza d’una relazione causale fra due variabili (una indipendente; una dipendente), la seconda l’assenza di relazione.

L’esito del test è influenzato dal grado di sensibilità. Esso è rappresentato da a

Per convenzione a è uguale a 0.05. In altre parole, c’è: il 5% di probabilità di commettere l’errore di I tipo (a), rifiutare l’ipotesi nulla (Ho) quando è vera; ed, il 95% di probabilità di prendere la decisione corretta. Quest’ultima è data da 1-a.. Di contro, l’errore di II tipo (b) è  accettare l’ipotesi nulla quando è falsa. La capacità di respingerla correttamente è rappresentata da 1-b.

L’uso d’a con valori diversi (0.05; 0.01; 0.001; etc…) crea “problemi” pratici. Exempli gratia, all’interno della Scientia esiste un corpus di conoscenze con “valori epistemologici” eterogenei trattati per omogenei.

Alla fine del discorso, tenendo presente tutto quanto detto supra, il criterium di demarcazione sarà soddisfatto riscontrando la presenza di RCTs atti a convalidare le ipotesi testate secondo il principio di falsificazione.

Dalla Validità Ecologica alla Validità Interna

Le principali “prove” citate vs l’Omeopatia sono: (1) l’articolo di Shang et al. (2005) pubblicato sul The Lancet; (2) la Review pubblicata nel 2015 dal NHRMC (Commonwealth of Australia).

Analizzare queste Reviews è centrale per la comprensione del phenomenum.

Il corretto funzionamento del Sistema Scientifico, come di un ragionamento, richiede valori di verità contingenti. L’occorrere di tautologie e contradizioni segnalano possibili “errori di sistema”. La contradizione, infatti, porta a modelli “illogici / incoerenti” del tipo: P E NON-P. Modelli che conducono: da una parte, sempre a conclusioni false; dall’altra all’inconsistenza dell’intero Sistema Scientifico e/o del Ragionamento.

Conformemente alla legge dello pseudo-Scoto, l’Incoerenza implica l’Inconsistenza. Dalla contradizione, infatti, si può inferire “qualunque” cosa.

Assumendo che un Sistema Scientifico e/o un ragionamento deve essere Coerente, la validità ed invalidità è solo contingente.

Pertanto “posizioni assolute” pro e/o contra tendono a conseguire solo a “distorsioni ideologiche” che creano “prese di posizione” che restano tali anche se contraddette dai fatti e/o dalla logica come nel delirio.

Obiettivo di chi scrive è riportare contingenza all’interno di questo Dibattito nel quale, spesso e volentieri, è venuta meno.

Questo implica un valore di verità capace di cambiare in base al contesto, alla situazione ed ai valori assunti dalle variabili del modello (caso per caso). Un valore che (volta per volta) è solo uno (principio di determinatezza) fra i due possibili (principio di bivalenza) così che, all’interno della stessa occorrenza, sia valida solo l’affermazione o la negazione dell’ipotesi testata, mai entrambe (principio di non contradizione) e/o un “qualcos’altro” (principio del terzo escluso).  

Questi elementi logico-formali (tipici d’un ragionamento deduttivo) sono, da chi scrive, “adattati e/o declinati” consapevolemente ad un ragionamento induttivo. Quest’ultimo, sebbene per sua natura sia un ragionamento probabilistico che non permette alcuna capacità predittiva (alias: l’attribuzione d’un solo valore di verità [principio di determinazza] fra i due possibili [principio di bivalenza] ad un’occorenza futura[4]), al solo fine di rendere possibile delle “inferenze predittive” ed evitare posizioni / asserzioni del tipo P e NON P, è declinato su una “finzione logico-cognitiva”, attraverso  la quale viene assunto per “vero” il valore di verità risultante dai test statistici. La predizione futura è basata, pertanto, su RCTs.

Questa “finzione logico-cognitiva” è fatta da chi scrive consapevolmente (con piena coscienza di tutti i suoi limiti e difetti), in quanto, in ogni caso, è fatta (spesso e volentieri) da tutti coloro che si occupano (a vario titolo) di Scienze Probabilistiche[5]. Mentre quest’ultimi prendono tali teorie come dogmi al di sopra d’ogni controfattuale, chi scrive dà sempre più importanza ai fatti che alle teorie.

I dubbi sull’attendibilità della Review del 2015 dell’NHMRC (Commonwealth of Australia)

La Review del 2015 pubblicata dal NHRMC (Commonwealth of Australia) è stata contestata per bias, errori metodologici e manipolazioni. Essa è divenuta oggetto d’un complaint, tutt’ora pendente presso il Commonwealth Ombudsman. Il complaint fu presentato ad Agosto 2016 dall’Australian Homoeopathic Association, dal Complementary Medicines Australia e dall’Australian Traditional Medicine Society. Dopo una fase di sommaria cognizione, il Commonwealth Ombudsman ritenne le prove sufficienti per aviare una istruttoria completa. Così, l’NHMRC fu chiamato a rispondere per: bias; conflict of interest; e scientific misconduct.

Nel dettaglio, l’NHMRC deve rispondere ai seguenti punti:Use of an inappropriate scientific method; Failure to use standardised, accepted methods; Failure to obtain sufficiently accurate data to perform a meaningful review; Failure to conduct an effective preliminary and public consultation; Significant post-hoc changes to the research protocol; Impact of NHMRC’s unusual method on the review results; Further evidence of bias and misreporting; Poor reporting – lack of clarity, inconsistencies and errors; Evidence that this was a case of deliberate bias, not scientific error.

Purtroppo, essendo la procedura tutt’ora in corso, non è possibile avere pieno accesso: agli atti procedimentali; alle prove fornite dalle parti. Le stesse parti possono dare solo parziale divulgazione d’essi fino al completamento dell’inchiesta.

Exempli gratia, HRI nel suo sito internet dichiara che: “As the complaint is ongoing, our full analysis – some 60 pages – cannot be shared as yet“.

Pertanto, fino a quando non sarà fatta piena chiarezza, la Review dell’NHMRC e le sue conclusioni non possono essere considerate reliable ai fini di questa ricerca e per ogni altra considerazione in thema. Nonostante ciò, come detto, un suo “punto” è corretto: l’incapacità che hanno i singoli rimedi a raggiungere gradi di evidenza atti alla formulazione di raccomandazioni cliniche per le singole noxae patogene.

Non si comprende, inoltre, perché questa Review abbia avuto un impatto mediatico enorme, quando una Review fatta dall’Unione Europea nel 1997 (Homeopatic Medicine Reseach Group. Advisory Group 1) passò del tutto sotto silenzio. Quest’ultima, dopo aver raccolto 377 studi, averne selezionati 220 e recensiti 184, giunge alla conclusione che: “L’ipotesi che l’omeopatia non abbia alcun effetto può essere rifiutata con certezza”. Questo poiché i data avevano p < 0.001. Ricordiamo che l’European Union raccomanda l’uso dell’Omeopatia per curare gli animali di allevamento.

Per la cronaca, si riportano i termini della questione come emersi nel contradittorio delle parti:

Da una parte, abbiamo quanto affermato dal NHMRC:

(1) nella Review pubblicata e con i suoi allegati[6];

(2) nelle risposte date all’inchiesta in corso presso il Commonwealth Ombudsman;

(3) nelle risposte fornite al Parlamento Australiano il 30 Maggio 2018 alle Question on notice n. 261, 264, 268, 269, 270, 273, 274, 275, presentate dal Senator Stirling Griff[7]. In somma sintesi: l’NHRMC difende le conclusioni della Review e la corretezza del suo operato. Nonostante ciò, ammette alcuni fatti, sebbene li giustifichi e minimizzi.

Dall’altra parte, abbiamo le tesi sostenute dal Homeopathy Research Institute di Londra (HRI), dall’Australian Homeopathich Assocetion (AHA), dal Complementary Medicines Australia, dall’Australian Traditional Medicine Society. Un esempio delle loro tesi è reperibile nell’Executive Summary to Ombudsman Complaint vs NHMRC Homeopathy Review Final[8].

Abbiamo, inoltre, alcune osservazioni fatte da soggetti terzi ed imparziali quali:

  • l’Australasian Cochrane Centre che osservò come: “If the intent [n.d.r. della Review] is to provide general statements about the effectiveness of homeopathy, then ‘no reliable evidence’ may not adequately reflect the research. … … While we agree that this level of evidence is inadequate for supporting a clinical practice recommendation, ‘no reliable evidence’ does not seem an accurate reflection of the body of evidence“. Fatto confermato dall’NHRMC nella risposta data a Senator Stirling Griff (Question on notice no. 275, 2018);
  • Professor Alan Bensoussan che, dopo una expert review della bozza (draft version) rilevò la presenza di un “inter-rater reliability issue with the use of quality rating scales“. Fatto confermato dall’NHRMC durante la risposta data a Senator Stirling Griff (Question on notice no. 269, 2018). Professor Alan Bensoussan, pertanto, suggerì all’NHMRC di affrontare e chiarire questo thema in modo più esplicito.

Conformemente all’HRI, lo Studio pubblicato a Marzo 2015 dal NHMRC col titolo “Statement on Homeophaty” presentò forti “anomalie”.

L’Australian Homeopathich Assocetion (AHA), dopo la pubblicazione della Review, iniziò a fare alcune ricerche. Da queste emersero prove d’irregolarità. Quest’ultime furono così convincenti tanto da far aprire la procedura ut supra.

I fatti sono i seguenti:

  • L’NHMRC condusse due volte la Furono prodotti due diversi Rapporti: il primo, a Luglio 2012[9]; il secondo, a Marzo 2015. Il primo fu tenuto nascosto; il secondo fu pubblicato con ampia risonanza mediatica;
  • L’esistenza del primo Rapporto fu scoperta solo grazie al Freedom of Information Act (FOI), attraverso la FOI request;
  • Successivamente la scoperta: l’NHMRC affermò che il primo Report non fu pubblicato a causa della “poor quality” del lavoro! Tale dichiarazione, però, risulta contraddetta ex tabula dallo stesso NHMRC. Professor Fred Mendelsohn afferò che la Review fu d’ottima qualità;
  • Dopo aver deciso di non pubblicare la prima Review, NHMRC condusse una seconda Review. Essa fu affidata ad un diverso contractor: Optum. La nuova Review, contrariamente alla prima, giunse a conclusioni negative;
  • La seconda Review fu esaminata dall’HRI. HRI ravvisò diverse “anomalie” metodologiche. Exempli gratia, i criteria di valutazione dei trials furono (di fatto) modificati ex post e creati ad hoc. Per tali motivi, l’HRI ha affermato che NHRMC commise “serious procedural and scientific misconduct in producing this report“;
  • Conformemente all’NHMRC Statement: Statement on Homeopathy (2015), la Review è basata su un “overview of published systematic reviews by an independent contractor“. Queste systematic reviews furono 57 (non 58 come talvolta appare). Da esse, furono successivamente individuati 176 individual studies. Pertanto, l’intera Review si limita ad esaminare solo questi 176 studi. Quest’ultimi vengono classificati in due gruppi: (a) reliable; (b) not reliable / unreliable. Tutti gli studi unreliable sono stati esclusi da ulteriori considerazioni. La decisione finale si basa solo sugli studi classificati come reliable;
  • Di contro, fu creata “ambiguità”. Venne fatto credere dai media che l’analisi fu molto più estesa. NHMRC, infatti, disse che i risultati della Review pubblicata nel 2015 si basarono su una “rigorosa valutazione di oltre 1.800 lavori” (!?);
  • A priori, furono ritenuti unreliable (esclusi) tutti i trials che: (a) non erano stati pubblicati in Inglese; (b) non erano stati al momento replicati da altri studi; (c) e/o erano stati replicati da altri studi, ma condotti dallo stesso/i autore/i e/o team(s) e/o enti di ricerca; etc … (questo fatto è confermato, e.g., dal documento pubblicato a Settembre 2013: Effectiveness of Homeopathy for Clinical Conditions: Evaluation of the Evidence).

Inoltre, furono esclusi a priori: d) tutti i laboratory studies e tutta la ricerca di base; e) tutti gli studi condotti su animali; f) tutti gli gli studi che hanno investigato l’efficacia dell’omeopatia in contesti preventivi e non curativi; g) tutti gli studi che avevano ad oggetto “condizioni generali di salute” e non specifiche noxae patogene; h) etc … . (Questo è confermato dall’NHMRC Information Paper). L’obiettivo della Review, infatti, non era quello di valutare la validità del Sistema Clinco-Farmaceutico Omeopatico, ma solo quella di valutare se alcuni dei suoi rimedia potevano essere oggetto di raccomandazione clinica da parte del Sistema Sanitario per trattare alcune noxae patogene. In altre parole, si cercavano le stesse prove / evidenze necessarie ai “farmaci convenzionali” per essere approvati per indicazione terapeutiche “in label”;

  • Successivamente, dopo aver applicato le esclusioni ut supra, conformemente all’HRI, l’NHMRC applico’ due criteria di valutazione “atipici” (mai usati prima). NHMRC classificò come unreliable tutti i trials che ricadevano in una di queste due occorrenze: I) avere meno di 150 partecipanti; II) presentare un threshold di qualita’ inferiore (anche se di poco) al 100% quality rating e/o 5/5 della Jadad scale. Conformemente all’HRI, questo portò a considerare unreliable 171 dei 176 trials. Alla fine rimasero 5 trials e la conclusione fu basata solo su di essi;
  • L’NHRMC, di contro, sostiene di non aver mai creato ex post questi due Prova sarebbe l’assenza formale della loro esistenza. Di contro, NHMRC affermò che la valutazione dei 176 trials selezionati fu fatta dai Reviewers, caso per caso. Essa rispecchiò solo il loro giudizio profesionale. Un giudizio insindacabile. Pertanto, fu un “caso” che gli studi difettanti d’una di quelle due condizioni furono classibicati come unreliable;
  • Professor Peter Brooks, Chair of the NHMRC Committee incaricato della Review, firmò la dichiarazione d’assenza di conflitto di interesse nella quale affermò di non essere “affiliated or associated with any organisation whose interests are either aligned with or opposed to homeopathy”. Di contro, Peter Brooks è membro attivo d’un gruppo “anti-homeopathy“: Friends of Science in Medicine. Ex tabula è dimostrato il conflitto di interesse, la violazione delle NHMRC’s Guidelines;
  • Le NHMRC’s Guidelines richiedono la presenza di esperti della materia oggetto di revisione nei Committees. In altre parole, nel Committee doveva esseci la presenza d’alcuni medici e/o ricercatori che si occupano di omeopatia. Nessun medico e/o ricercatore che si occupa di omeopatia fu presente.

E’ da osservare inoltre la “confusione” che è stata fatta fra “lack of evidence of effect” ed “evidence of a lack of effect“.

La Review cercò di verificare se c’erano “sufficenti prove” per fare “clinical practice recommendations” per alcuni rimedia su alcune noxae patogene. La Review concluse solo che (sulla base di quelle 176 pubblicazioni esaminate) era presente un “lack of evidence of effect” per effettuare “clinical practice recommendations” sulle noxae patogene considerate.

E’ intellettualmente disonesto “trasmutare” questo in una “evidence of a lack of effect” dell’intero Sistema Clinico-Farmaceutico Omeopatico! Chi scrive condivide pienamente il giudizio espresso dall’Australasian Cochrane Centre: “If the intent [n.d.r. della Review] is to provide general statements about the effectiveness of homeopathy, then ‘no reliable evidence’ may not adequately reflect the research. … … … … , ‘no reliable evidence’ does not seem an accurate reflection of the body of evidence“.

Come disse Carl Sagan: “l’assenza d’una prova, non è prova di una assenza”, ma stimolo per nuova ricerca.

I dubbi sull’articolo di Shang et al. (2005) pubblicato sul Lancet.

Uno degli studi più citati per sostenere l’inefficacia dell’Omeopatia è Shang et al. (2005). Questo studio afferma di comparare 110 trials similari: 110 trials della medicina omeopatica con 110 trials della medicina convenzionale. Dalla loro analisi sarebbe emerso che la medicina omeopatica non ha effetti superiori al placebo. L’articolo fu accompagnato da: un editoriale col titolo The end of homeopathy (Lancet, 2005, 366 : 690); e da una rubrica col titolo Critics slam draft WTO report on homeopathy (Lancet, 2005, 366: 705-706). Questo articolo ha ricevuto un “eco mediatico” incredibile perdurato fino ad oggi. Fu, inoltre, diffuso ai media prima ancora d’essere pubblicato!

Nonostante ciò, le cose sono un po’ diverse. L’articolo basa le sue conclusioni comparando solo 14 trials (8 omeopatici; 6 convenzionali) che non sono similari !?

Per comprendere questo articolo e la sua “reale portata” bisogna contestualizzarlo e/o storicizzarlo (come insegna a fare la Psicologia di Comunità).

L’OMS / WHO stava per pubblicare un Dossier completo sull’Omeopatia. Dalle anticipazioni fatte, risultava essere pro Omeopatia sulla base della letteratura esistente. Il Lancet aveva già pubblicato diverse Meta-analisi e Reviews con data favorevoli all’Omeopatia. Esse diedero prova che i rimedi omeopatici hanno efficacia maggiore rispetto al placebo (Reilly D. T. et al., 1986; Reilly D. T. et al., 1994; Linde et al., 1997 ).

La letteratura scientifica, inoltre, ha sempre condotto regolari Reviews in thema. Fino al 2005 ricordo: Esklnaz D., 1987; Hill C & Doyon F., 1990; Keijlen et al., 1991; Barnes J. et al., 1997; Ludtke R & Wiesenauer M, 1997; Linde K & Melchart D, 1998; Bellavite P, 1998; Bellavite P et al, 1999; Moda F et al, 1999; Cucherat et al., 2000; Jonas et al., 2003; Sukul N. C. & Sukul A., 2003; Bellavite P., 2003; Reilly, 2005;  Caulfield T & Debow S A, 2005. La larga maggioranza di queste ha riportano effetti superiori al placebo.

In questo contesto, viene pubblicata la Review di Shang et al. (2005). Essa fu presentata come uno “studio definitivo” (!) atto a mettere la “parola fine” sull’Omeopatia! L’editoriale fu intitolato The end of homeopathy ed, inoltre, la rubrica del Lancet la collegava esplicitamente al Dossier “pro Omeopatia” che l’OMS stava per pubblicare. La rubrica riportava una forte preoccupazione per il Dossier. Tutte queste “coincidenze” fecero emergere “alcuni dubbi” sulla reale intenzione dell’articolo.

Leggendo la Review di Shang et al. (2005) emerge che:

  • furono esaminati 110 studi clinici convenzionali e 110 studi clinici omeopatici;
  • in entrambi i gruppi (convenzionale; omeopatico): (a) i medicinali (farmaci / rimedi) dimostravano effetti maggiori rispetto al placebo; (b) i trials più piccoli riportavano effetti maggiori rispetto a quelli con sample size più estesi;
  • fu fatta una analisi sulla qualità metodologica degli studi. Da essa emersero 30 trials definiti d’higher quality: 21 trials appartenevano ai 110 del gruppo omeopatico (il 19.1% di questo); 9 trials ai 110 del gruppo della Medicina Convenzionale (l’8.2 % di questo);
  • le conclusioni considerano solo 14 di questi 30 trials di higher quality, 8 omeopatici e 6 Esse affermano che gli effetti clinici dei rimedi omeopatici sono dati dall’effetto placebo.

Queste conclusioni conseguono ad una pluralità di bias e vitia metodologici. Essi sono stati descritti abbondantemente in letteratura: Bellavite (2005); Frass M, et al. (2005); Helmut K, et al. (2005); Bell I. R. (2005); Fisher P. (2006); Lüdtke R & Rutten A. L. B. (2008).

Hahn R. G. (2013) ha osservato come la Review di Shang et al. (2005) per giungere alle sue conclusioni dovette “scartare” il 90% dei clinical trials. Secondo l’autore, inoltre, l’articolo non è accetabile in termini metodologici in quanto: “the ultimate argument against homeopathy is the ‘funnel plot’ … . However, the funnel plot is flawed when applied to a mixture of diseases.

Il lavoro presenta una pluralità di vitia: (1) errori sul “disegno”; (2) bias d’interpretazione dei data; (3) contradizioni; (4) poca chiarezza degli elementi necessari a garantire la disamina, comprensione e ripetitibilità, dei risultati. Se si fossero considerati i 30 trials di higher quality individuati inizialmente, e.g., le conclusioni sarebbero state favorevoli per la Medicina Omeopatica. Di contro, dei 30 trials di higher quality furono considerati solo 14 trials, non ben precisati, che gli autori definirono essere genericamente “più ampi” e “di qualità più alta” (!). Quest’ultimo passaggio fu alquanto “oscuro”. Conformemente a Fisher (2006), la Review non forniva alcuna informazione per identificare i trials sui quali la conclusione finale fu basata; (5) la comparazione fu fatta fra studi eterogenei in: (a) numero di partecipanti (sample size) che andavano da 10 a 1.573; (b) condizioni cliniche trattate che andavano dalle “terapie allopatiche usate nella cura del raffreddore comune” alle “terapie omeopatiche applicate ai dolori legati alle problematiche oncologiche”; (6) furono violate le linee guida di QUORUM sul come condurre le relazioni delle revisioni sistematiche. Fisher (2006) osservò che il Database of Abstracts of Reviews of Effects (DARE) del Regno Unito non classifica Shang et al. (2005) fra le revisioni sistematiche.

Come detto, entrambi i gruppi dimostravano effetti maggiori rispetto al placebo. Effetti tanto maggiori quanto più piccola era la sample size in entrambe le categorie. Pertanto, comparare un maggior numero di studi omeopatici d’Alta Qualità (con size più ampie) con un minor numero di studi convenzionali significa creare ex tabula (in se e per se) le discrepanze rilevate.

Come detto, la Review alla fine si basò solo su: 8 trials omeopatici e 6 convenzionali. Nonostante tutti questi bias fu rilevata una: “debole prova di un effetto specifico dei rimedi omeopatici” …, ma gli autori la interpretarono come “compatibile con l’opinione che gli effetti clinici dell’omeopatia siano effetti placebo”. Di contro, fu rilevata la “marcata evidenza degli effetti specifici dell’intervento convenzionale” nonostante la minor qualità generale degli studi!

L’articolo di Shang et al. (2005), inoltre, è stato più volte confutato da molte altre Reviews: (a) antecedenti ad esso (Reilly D. T. et al., 1986; Esklnaz D., 1987; Hill C & Doyon F., 1990; Keijlen et al., 1991; Reilly D. T. et al., 1994; Linde et al., 1997; Homeopatic Medicine Research Group. Advisory Group 1 – Commissione istituita dalla Comunità Europea, 1997); Barnes J. et al., 1997; Ludtke R & Wiesenauer M, 1997; Linde K & Melchart D, 1998; Bellavite P, 1998; Ernst F & Hahn E G, 1998); Bellavite P et al, 1999; Moda F et al, 1999; Cucherat et al., 2000; Jonas et al., 2003; Sukul N. C. & Sukul A., 2003; Bellavite P., 2003; Weatherley-Jones E et al, 2004); (b) sincroniche ad esso (Reilly, 2005;  Caulfield T & Debow S A, 2005); (c) successive ad esso (e.g., Bornhoft A et al, 2006; Mathie R.T., et al., 2014).

Pertanto, questa Review non può ritenersi uno Studio attendibile per giustificare un “giudizio conclusivo” sull’Omeopatia come (di contro) è stata “usata” fino ad oggi.

Un Bias comune a tutte le Reviews.

Una critica fatta alle Reviews esaminate riguarda la selezione del materiale sottoposto a meta-analisi.

L’inclusione e/o l’esclusione d’alcuni trials, piuttosto che altri, influenza e/o determina i risultati. Ciò può dipendere più da elementi soggettivi che oggettivi. Exempli gratia, l’intenzionalità, la finalità, la prospettiva situata e/o le credenze del ricercatore, possono svolgere ruoli rilevanti. Frass et al. (2005) hanno sottolineato l’impatto che questi fattori soggettivi hanno sugli outcomes delle Reviews condotte in Omeopatia.

Queste forme di Bias sono difficili da rilevare. Esse possono essere accertate solo indirettamente, usando quattro criteria: (1) il rispetto delle procedure; (2) l’applicazione standardizzata dei criteria dei Research Methods e/o delle Guidelines; (3) l’assenza (anche minima) d’ogni possibile “conflitto di interesse”; (4) la fonte dei finanziamenti; …. Tutti aspetti fondamentali sui quali basare un “giudizio” sull’attendibilità dei risultati delle ricerche e/o ipotizzare la presenza dei Bias detti. Questi criteria sono stati ribaditi anche dalla Magistratura. Quest’ultima, infatti, trovandosi spesso di fronte a ricerche che sostengono outcomes completamenti divergenti ed opposti, ha più volte riscontrato come l’esito delle stesse (la presenza di manipolazioni metodologiche e di Bias) consegua e/o sia correlata agli interessi di chi le ha condotte e/o finanziate.

La grande attenzione data a questi aspetti, da chi ha criticato le due Reviews analizzate supra, trova la sua giustificazione in ciò.

Ri-esaminando la Review del 2015 dell’NHMRC e l’articolo di Shang et al. (2005).

Entrami gli studi rilevano “deboli prove” a favore dell’Omeopatia. Quest’ultime, però, sono state interpretate come insufficienti per rigettare Ho. Una decisione assunta sulla base della “potenza del test statistico” e dei data emersi dai samples posti a meta-analisi. Piccole modifiche nell’inclusione e/o esclusione degli articoli, avrebbe condotto a conclusioni opposte.

L’articolo di Shang et al. (2005) riconosce, come detto, che: (1) la stragrande  maggioranza dei trials omeopatici riporta effetti maggiori al placebo; (2) la maggior presenza di RCTs d’Higher Quality fra gli studi sperimentali condotti in Omeopatia (non in medicina Convenzionale); (3) una “debole prova” a favore dell’Omeopatia. Quest’ultima consegue al fatto che furono analizzati solo 8 dei 21 trials clinici definiti d’Higher Quality. Una diversa selezione fra gli stessi avrebbe condotto a prove “più forti”.

La Review del 2015 dell’NHMRC, conformemente all’HRI, condurrebbe a conclusioni opposte rispetto a quelle assunte, in particolare, se riferita al Sistema Clinico-Farmaceutico Omeopatico in generale.

Riesaminando i 176 trials considerati nella Review stessa, qualora applicati gli stessi criteria usati dal NHMRC per le revisioni condotte sui farmaci convenzionali, si sarebbero ottenuti gradi di evidenza maggiori. Il grado per una “raccomandazione clinica” non sarebbe stato inferiore ad “unknown effectiveness“.

Un livello di evidenza che non giustifica la “parola fine” sull’intero Sistema Clinico-Farmaceutico Omeopatico considerando che, conformemente all’HRI, lo stesso livello di evidenza è presente per il 50% dei trattamenti convenzionali usati all’interno dell’NHS!

Dall’analisi emerge che:

  • 88 dei 176 trilas (il 50%) riportano risultati positivi per l’omeopatia;
  • 9 dei 176 trilas (il 5,11%) riportano risultati negativi;
  • 79 dei 176 trilas (il 44,89%) riportano risultati “non conclusivi“. Quest’ultimi suggeriscono la necessità d’effettuare ulteriore ricerca.

Sulla base di questi data non si può concludere che l’intera efficacia del Sistema Clinico-Farmaceutico Omeopatico sia attribuibile all’“effetto placebo”!

Le Prove Scientifiche sull’efficacia dei Rimedia Omeopatici

Le prove scientifiche possono essere suddivise in quattro gruppi: (1) le Global Systematic Reviews; (2) le Revisioni Sistematiche sulle singole condizioni morbose e/o per specialità medica; (3) i singoli trials clinici controllati versus placebo e/o farmaco convenzionale; (4) la ricerca di base.

Quest’ultima include tutti gli studi farmacologici in vitro, in vivo e intra vitam, che comprovano la capacità dei rimedi omeopatici nel causare attività biologica (exempli gratia, effetti protettivi, inibenti e/o stimolanti) sulle cellule. Capacità provata sia per le Basse che per le Alte Potenze.

Un sample di questi studi è rappresentato dai 142 lavori selezionati dal Comitato Scientifico, coordinato dal Prof. Leonello Milani, che ha redatto la sesta edizione del testo Omeopatia-Omotossicologia – Le Prove scientifiche (2012) pubblicato dalla GUNA[10]. Questi studi hanno buona Validità Interna. Un altro sample può essere dato dai lavori di Bellavite e della sua Scuola.

Questi studi comprovano che i rimedi omeopatici (sia in Basse che in Alte Potenze) hanno la capacità di causare effetti biologici negli organismi.

La validità interna delle ricerche fornisce prova del nesso causale esistente fra il rimedio (VI) e l’effetto biologico (VD).

Lo stesso Comitato Scientifico ha poi selezionato 235 trials clinici controllari fatti sull’uomo fra quelli pubblicati dal 1944 al 2011 nelle Riviste Internazionali e Nazionali (Tedesche; Francesi; Italiane) non Omeopatiche.

Tutti questi trials sono di buona qualità. Di questi: 159 sono stati controllati versus placebo; 76 sono stati controllati versus farmaco convenzionale di riferimento.

Dei 159 lavori controllati versus placebo, il 73,6% (117) ha dimostrato la superiorità del rimedio omeopatico. Dei 75 lavori controllati versus il farmaco convenzionale di riferimento, il 100% ha dimostrato la non inferiorità terapeutica che, caso per caso, può significare: o, l’ugualianza; o, la superiorità. Di questi 75 lavori: 9 trials sono stati selezionati fra le pubblicazioni avvenute dal 1981 al 1999; 66 trials sono stati selezionati fra le pubblicazioni avvenute dal 2000 al 2011.

Questi studi supportano la validità: (1) del Sistema Clinico-Farmaceuti Omeopatico; (2) dei suoi principia fondamentali (principio della diluizione / dinamizzazione; principio della similitudine); (3) dell’efficacia delle Basse ed Alte Potenze.

E’ emerso che l’azione biologica causata dagli stessi è di natura opposta e contraria all’azione biologica prodotta dall’intossicazione della sostanza assunta in dose ponderale. Da essi emerge, anche, una diversa efficacia fra le Potenze nel tipo d’effetto e nella “forza” d’esso.

Conformemente a Bellavite & Conforti (2002), i principia dei Sistema Clicico-Farmaceutico Omeopatico possono integrarsi pienamente con le Scienze Biomediche Ufficiali (Bellavite et al., 1997a; Bellavite et al. 1997b; Eskinazi, 1999).

Resta aperta, di contro, la questione sulla capacità dei singoli rimedi ed ottenere sufficienti evidenze per “raccomandazioni cliniche”.

L’efficacia generale del Sistema Omeopatico, oggigiorno, sembra essere comprovata dalle stesse Scienze Biomediche. Gli studi sugli effetti inversi e/o paradossali condotti  sui farmaci convenzinali ne sono un esempio. Questi effetti sono stati studiati nell’immunologia, in allergologia ed in farmacologia. Essi, come la medicina omeopatica, posso trovare una spiegazione letti alla luce della teoria della complessità (Bellavite, 2004 a; Bellavite, 2004 b). Sulla farmacologia paradossale vedere Bond (2001).

La buona validità interna di questi studi è dovuta all’attenzione “maniacale” che i ricercatori hanno dato agli aspetti metodologici. Una attenzione necessaria quando le ricerche contraddicono il Paradigma Ufficiale. I ricercatori, non volendo finire nel ridicolo e “giocarsi” la carriera, devono usare standard di riproducibilità superiori rispetto a quelli comunemente accettati (Bellavite & Conforti, 2002).

Un sample di studi sperimentali comprovanti la validità dell’Omopatia è dato da: Sukul et al. (2001); Sukul et al. (2000); Kundu et al. (2000); Heine & Schmolz (2000); Ruiz-Vega et al. (2000); Bertani et al. (1999); Lussignoli et al. (1999); Mitra et al. (1999); Datta et al. (1999a); Datta et al. (1999b); Sukul et al. (1999); Cristea et al. (1997); Palermo et al. (2000); Jonas et al. (2001); Fimiani et al. (2000); Belon et al. (1999); Chirumbolo et al (1997); Dittmann et al. (1998); Dittmann & Harish (1996); Brizzi et al. (2000); Betti et al. (1997).

Quest’ultimi due autori hanno condotto ricerche sui modelli di germinazione dei vegetali intossicati da arsenico, trattandoli con alte diluizioni / dinamizzazioni delle stesso minerale. Risultati positivi coi vegetali rendono difficile parlare d’effetto placebo.

Un sample sulla Ricerca di Base.

A proposito d’arsenico, già nel 1955 Wurmser dimostrò che dosi di Arsenicum album alla 7 CH aumentavano l’eliminazione dell’arsenico dall’organismo in modo significativo attraverso l’urina. Lo studio sull’Arsenicum è importante in quanto è stato replicato molte volte su uomini, animali e piante. Tutte le ricerche hanno prodotto sempre gli stessi risultati positivi. Exempli gratia, Boiron (1987) creò un gruppo di ricerca che sperimentò Arsenicum album in due diverse Potenze: alla 7 CH (diluizione al di sotto della costante di Avogadro-Loschmidt); alla 15 CH (diluizione al di sopra della costante di Avogadro-Loschmidt). Entrambe le Potenze ebbero la capacità di incrementare l’elminazione (urinaria e fecale) dell’arsenico, riducendo la sua presenza e concentrazione ematica (Cazin, Cazin et al. 1987).

Gli effetti biologici d’Arsenicum sono stati convalidati anche dagli studi citati nella Parte I (Banerjee, Bhattacharyya et al. 2009; Banerjee, Bhattacharyya et al. 2008; Banerjee, Biswas et al. 2007; Belon, Banerjee et al. 2007; Belon, Banerjee et al. 2006; Khuda-Bukhsh, Pathak et al. 2005; Khuda-Bukhsh, Roy-Karmakar et al. 2009).

I ricercatori hanno tentato di replicare il successo ottenuto con Arsenicum album anche con altri metalli. Di contro, non tutte le sostanze sperimentate hanno riportato gli stessi risultati. Exempli gratia, Plumbum metallicum non ha dimostrato la capacità di favorire l’eliminazione del piombo nei ratti intossicati con esso (Fisher R. et al., 1987).

Per questi motivi, molti sostengono che i data sono contrastanti e pertanto essi provano l’inefficacia dell’Omeopatia. A loro dire, l’intero Sistema è da rigettare. Questo è un esempio di come il dibattito sia “dominato” da ragionamenti non contingenti, di cui ho parlato supra, che chi scrive non ritiene condivisibili (per i motivi detti).

Un ragionamento contingente richiede di valutare i data caso per caso, rimedio per rimedio. Se è vero che Plumbum è incapace di favorire l’eliminazione del piombo in soggetti intossicati dallo stesso, non può essere ignorata la comprovata capacità d’Arsenicum nel favorire l’eliminazione dell’arsenico dagli organismi intossicati.

Un altro studio ha valutato l’efficacia di mercurius corrosivus (HgCl2) sui ratti, come rimedio omeopatico “preventivo” per intossicazioni causate dal cloruro di mercurio. E’ risultato che assumere per 7 giorni il rimedio, prima dell’intossicazione, riduce drasticamente la mortalità nei ratti. Il gruppi di controllo avevano una mortalità che andava dal 73% al 78,5%. Di contro, i gruppi sperimentali trattati con mercurius corrosivus alla 9 CH e/o mercurius corrosivus alla 15 CH hanno riportato mortalità assai minori come illustrate infra.

La mortalità dei ratti che ha assunto mercurius corrosivus alla 9 CH è stata intorno al 50%; quella dei ratti che hanno assunto mercurius corrosivus alla 15 CH è stata fra il 26,7% ed il 35,7%. Lo studio non ha dimostrato solo l’efficacia del rimedio omeopatico, ma anche che entrambe le Potenze hanno avuto effetti biologici. La “forza” maggiore, inoltre, è stata dimostrata dall’Alta Potenza (15 CH). Ciò comprova la teoria omeopatica che sostiene una correlazione diretta fra la Potenza e la “forza” del rimedio. La maggior efficacia delle Alte Potenze dimostra che “l’informazione” non è persa al di sopra della costante di Avogadro-Loschmidt. Vedere: Guilleman et al. (1984), Laure F. et al. (1985a) e Laure et al. (1985b).

Anche Phosforus ha dimostrato più volte d’avere una azione epato-protrettrice come tradizionalmente la materia medica gli attribuisce (Bildet J. et al., 1984).

Diversi studi sono stati condotti alla Facoltà di Farmacia di Bordeaux a partire dal 1975. Bildet e colleghi hanno provocato nei ratti delle epatiti usando CCl4  (tetracloruro di carbonio). Fu usato il CCl4 in quanto il tetracloruro di carbonio provoca epatiti simili a quelle provocate dal fosforo. L’obietto, infatti, era duplice: (1) da una parte, testare la validità del principio di similitudine; (2) dall’altra parte, testare l’efficacia di phosphorus (VI) nel promuovere miglioramenti terapeutici nei casi di epatite (VD).

La novità di questo studio, rispetto a quelli eseguiti sull’Arsenicum e Mercurious corrosivus, era proprio quella di testare il principio di similitudine. Arsenicum e Mercurius avevano dimostrato: da una parte, l’efficacia dei rimedia omeopatici; dall’altra parte, la validità del principio isoterapico[11]. Di contro, non avevano provato la validità del principio di similitudine.

Gli studi su Phosphorus provano, invece, quest’ultimo. Da essi emerge, inoltre, che il rimedio è capace di promuovere azione terapeutica nei soggetti malati, mentre non causa alcuna alterazione nei fegati dei soggetti sani. In altre parole, gli studi comprovano l’assenza di effetti collaterali nocivi.

Gli studi effettuati su Phosphorus comprovano la diversa azione fra le Potenze. Phosphorus 7 CH agisce meglio sulle transaminasi; Phosphorus 15 CH agisce meglio sul quadro anatomo-patologico.

Lo stesso team di ricerca decise, successivamente nel 1976, di condurre un esperimento sulla capacità preventiva di Phosphorus. Lo studio confermò la capacità preventiva di Phosphorus sui danni epatici causati da una intossicazione di CCl4.

La ricerca non ha studiato solo i rimedi “classici” della Materia Medica Omeopatica, ma ha testato anche sostanze studiate dalle Scienze Biomediche e Farmacologiche. Exempli gratia, alcuni studi hanno sperimentato l’attività cardio-tossica dell’aconitina e della veratrina (Aubin M., 1984; Pennec J. P., & Aubin M., 1984). Alte Potenze di aconitina e di veratrina hanno dimostrato di non avere effetti tossici sul un cuore sano. Di contro, hanno dato prova di diminuire i segni di cardio-tossicità (causati dalla somministrazione di dosi ponderali delle stesse sostanze e/o d’altre sostanze con azione similare) in cuori malati.

Un altro studio interessante è quello sull’istamina (Histaminum). L’antibiotico polimixina B provoca la gastrite. La gastrite consegue alla liberazione di istamina. Pertanto, l’istamina in dosi ponderali aumenta la secrezione acida dello stomaco. L’esperimento ha provato che histaminum alla 4 CH è in grado di ridurre la liberazione d’istamina causata dalla polimixina.

Questo risulta in un’azione protettiva sulle mucose gastro-duodenali. E’ interessante notare come l’effetto di Histaminum 4 CH è stato migliore rispetto a quello della cimetidina. Il gruppo trattato con Histaminum 4 CH è stato comparato con quello trattato con la cimetidina (50 mg/kg di peso). Gli effetti dei due medicinali sono stati equivalenti per quanto riguarda la parte ghiandolare dello stomaco, ma sono stati migliori per Histaminum 4 CH per quanto riguarda la gastrite a livello del Rumen.

Alcuni hanno spiegato l’azione di Histaminum 4 CH col modello biochimico essendo la Potenza sotto la costante di Avogadro-Loschmidt. Conformemente a Bourne (1971), una concentrazione di istamina di 10-6 M è capace di bloccare la liberazione di istamina tramite un meccanismo di feedback (e.g., da parte dei leucociti umani).

Histaminum 7, 15, 18 CH (assieme ad Apis mellifica 9 CH e 15 CH) ha dimostrato d’inibire anche la degranulazione dei basofili in soggetti allergici (Davenas E. et al., 1988).

Molti studi (preventivi e terapeutici) sono stati fatti anche con Apis mellifica 7 CH e Apium virus 5, 7, 9 CH, ottenendo una ellevata riproducibilità (Bildet J. et al. 1989; Bastide P. et al. 1976). Bastide P. condusse i primi studi nel 1975 e 1976 su Apis mellifica come trattamento per eritemi causati da raggi U.V. nei topi albini. Gli esprimenti testarono Apis versus alcuni farmaci convenzionali (aspirina; indometacina; phenilbutazizione). Risulto’ che la somministrazione di Apis, effettuata 1 ora prima e 4 ore dopo, provoca un miglioramento del 55% della flogosi in 24 ore. La somministrazione di Apis effettuata solo dopo 4 ore causa lo stesso tipo di miglioramento del 47%. Di contro, i farmaci convenzionali utilizzati diedero miglioramenti del 50%. Pertanto, si può concludere che gli effetti sono equiparabili.

Queste ricerche (pubblicate prima del 1986) fanno comprendere perchè The Lancet  pubblicò Reilly D. T. et al nel 1986, assumendo una linea editoriale “aperta” verso l’Omeopatia fino al 2005.

Un esempio su come sia sviluppata, oggigiorno, la ricerca di base d’Alta Qualità è dato da Bellavite. Exempli gtatia, Bellavite et al. (2009) hanno dimosrato che: “low and high dilutions of histamine inhibit CD203c up-regulation in anti-IgE stimulated bosophils”.

Tutte queste ricerche convalidano la validità del Sistema Clinico-Farmaceutico Omeopatico, ma supportano anche le critiche presentate dal presente autore in questo lavoro.

Osservo da subito, in ogni caso, l’importanza della ricerca di base in Omeopatia. Essa: (a) essendo fatta su cellule, animali e/o piante; (b) usando i rimedia con modalità di not-individualized homeopathy (ovvero che non richiede il rispetto del principio del simile); (c) testando la stessa sostanza su tutti i campioni; … è l’unica modalità di ricerca che può: (1) da una parte, essere fatta con veri e propri esperimenti; (2) dall’altra parte, fornire sempre ottima Validity e Realibility (anche nella forma: inter-soggettiva) ogni volta.

Di contro, come detto supra e ribadito infra, la sperimetazione clinica umana può avvenire solo con quasi-esperimenti che, se da una parte possono avere ottima Validity (sia interna che esterna / ecologica), dall’altra “mai” possono ottenere buona Realibilitry “inter-soggettiva”. Medici omeopatici diversi, fanno diagnisi omeopatiche diverse (alias, classificano i soggetti in sub-popolazioni differenti). Ciò è stato osservato in samples nei quali le stesse visite omeopatiche sono viste da gruppi di medici omeopatici diversi (e.g., 20). Tutti questi giungono ad individuare rimedi diversi (fra i quali, però, solo uno ha avuto efficacia terapeutica, avendo gli altri fallito). Questo rende fondamentale il “come” sono selezionati i medici omeopatici che vengono coinvolti nei RCTs (per il loro esito).

Le Global Sistematic Reviews e le Revisioni Sistematiche per Specialità Medica

La maggior parte delle Reviews riporta data favorevoli all’Omeopatia: Reilly D. T. et al. (1986); Esklnaz D. (1987); Hill C & Doyon F.(1990); Keijlen et al. (1991); Reilly D. T. et al. (1994); Boissel et al (1996); Linde et al., (1997);  Homeopatic Medicine Research Group. Advisory Group 1 – Commissione istituita dalla Comunità Europea (1997); Barnes J. et al. (1997); Ludtke R & Wiesenauer M (1997); Linde K & Melchart D (1998); Bellavite P (1998); Ernst F & Hahn E G (1998); Linde et al (1999); Bellavite P et al (1999); Moda F et al (1999); Cucherat et al. (2000); Jonas et al. (2003); Sukul N. C. & Sukul A. (2003); Bellavite P. (2003); Weatherley-Jones E et al (2004); Reilly (2005); Caulfield T & Debow S A (2005); Bornhoft A et al (2006); Mathie R.T. et al. (2014).

Una minoranza, di contro, esclude la capacità dell’Omeopatia d’avere risultati superiori al placebo  (Vandenbrouche, 1997; Shang et al., 2005; Goldacre et al., 2007; Bewley et al, 2011; Mathie R.T. et al., 2017). Altri lavori quali quelli di Ernst (2004; 2007) sono contraddittori.

Fra le Systematic Reviews che hanno analizzato solo i RCTs (randomised controlled trials) bisogna distinguere fra quelle “globali” e quelle “settoriali”.

Le Gobal Systematic Reviews sono state 8 (Kleijnen J et al., 1991; Boissel et al, 1996; Linde K et al., 1997; Linde & Melchart, 1998; Cucherat M et al., 2000; Shang A et al., 2005;  Mathie R.T. et al., 2014; Mathie R.T. et al., 2017).

Cinque di queste riportano risultati maggiori rispetto al placebo (Kleijnen J et al., 1991; Boissel et al., 1996; Linde K et al., 1997; Linde & Melchart, 1998; Cucherat M et al., 2000; Mathie R.T. et al., 2014). Due di queste (Shang et al. 2005; Mathie R.T. et al., 2017) affermano l’incapacità di rigettare la Null Hypotesis (Ho), interpretando i data come compatibili all’effetto placebo. Entrambe, però, rilevano la presenza di small effect a favore del trattamento omeopatico.

Tutte (eccetto Shang et al, 2005) affermarono la necessità di sviluppare maggiore ricerca sull’argomento.

Cinque Global Reviews (Kleijnen J et al., 1991; Boissel et al., 1996; Linde K et al., 1997; Cucherat M et al., 2000) hanno analizzato assieme RCTs di “individualised homeopathy” e “not-individualised homeopathy”.  Quest’ultima include la complex homeopathy e l’isopathy.

Di contro, le ultime due Reviews (Mathie R.T. et al., 2014;  Mathie R.T. et al., 2017)[12] hanno esaminato separatamente gli studi di individualised homeopathy da quelli di not-individualised homeopathy. La prima Review (2014) sull’individualised homeopathy rileva: “a small, statistically significant, treatment effect … that was robust to sensitivity analysis based on ‘reliable evidence’” (Mathie R.T. et al., 2014). La seconda Review (2017) condotta sulla not-individualised homeopathy rileva la presenza di “small effect … not robust to sensitivity analysis” (Mathie R.T. et al., 2017). Pertanto, Mathie R.T. et al. (2017) conclude l’impossibilità di rigettare l’Ho a causa dell’assenza di “robustezza” per la not-individualised homeopathy.

L’individualized homeopathy applica pienamente i criteria ed i principia dell’Omeopatia. Essa individua il rimedio (unicismo) e/o i rimedia (pluralismo) capaci di cogliere l’intera l’individualità morbosa del paziente. L’approccio terapeutico richiede una “prima visita” che và da un minimo di 1ora e mezza a tre ore. Un tempo non più richiesto nelle visite successive, salvo che non occorra rifare la repertorizzazione ex novo.

Di contro, la not-individualised homeopathy prescrive i rimedia e/o i complessi su base nosologica. In altre parole, i rimedi sono prescritti allo stesso modo in cui è prescritto un farmaco convenzionale. La prescrizione non considera più l’individualità morbosa del paziente nella sua totalità, ma solo la “condizione clinica” da trattare.

Exempli gratia, Arnica compositum della Heel, indipendentemente dalle caratteristiche del paziente, è usato sempre: “for the temporary relief of chronic and acute inflammation due to injury, minor illness, infection or rheumatism and gout” (2005); e/o, “for the temporary relief of illness, injury, infection, and rheumatism” (2010)[13]. Allo stesso modo Zeel (un altro complesso della Heel) è indicato sempre: “for the temporary relief of symptoms of osteoarthritis including mild to moderate pain, articular stiffness and inflammation” (2005); “for the temporary relief of mild to moderate arthritic pain, osteoarthritis, and joint stiffness” (2010).

I complessi sono usati regolarmente in Omotossicologia. Quest’ultima è una Scuola terapeutica nata in Germania e fondata da Reckeweg (1981). I complessi sono più facili da utilizzare, non richiedendo: (a) una approfondita conoscenza del Repertorio e/o della Materia Medica; (b) lunghe visite per prescrivere rimedi capaci di cogliere la totalità del paziente (Swayne, 2005). Le case farmaceutiche, inoltre, preferiscono sviluppare i complessi in quanto sono “brevettabili”. Di contro, i “singoli rimedi” omeopatici, in tutte le loro diverse diluizioni / dinamizzazioni, non possono essere oggetto di brevetto.

In conclusione, da un esame complessivo delle Global Reviews emerge oggettivamente un quadro favorevole al Sistema Clinico-Farmaceutico Omeopatico. L’omeopatia dà prova di funzionare come approccio terapeutico quando è prescritta su base individuale. Di contro, emergono problematicità quando le prescrizioni sono fatte su base nosologica. Quest’ultimo thema può essere approfondito ulteriormente analizzando le ricerche condotte sulle singole condizioni cliniche.

I Trials e le Reviews sulle singole condizioni cliniche

Le condizioni cliniche maggiormente studiate sono: a) le infezioni delle vie aeree; b) le malattie arto-reumatiche; c) i SADDs; d) e l’immuno-allergologia.

Le prime tre sono state incluse nello Studio EPI 3 che fornì validità esterna ed ecologica all’Omeopatia. L’ultima, di contro, non fu inclusa in esso. Nonostante ciò, essa è un campo importante per l’Omeopatia (Kuzeff R M, 1998). Molta Ricerca di Base è concentrata in esso. Exempli gratia, in Italia Bellavite (2005; 2006) e la sua Scuola (Benato G, 2006) sottolineano come questa specialità medica (l’immuno-allergologia) sia un “ponte” fra l’Omeopatia e la Medicina Ufficiale. Nessuna specialità medica più di questa, infatti, ha consapevolezza del ruolo rivestito dalla “sensibilità” individuale verso “minime concentrazioni” d’alcune sostanze.

In questo paragrafo esamineremo brevemente un sample della letteratura concernente: a) le infezioni delle vie aeree;  b) le malattie arto-reumatiche; c) le allergie. Di contro, la letteratura sui SADDs sarà trattata in una apposita sezione.

Il successo riportato dall’Omeopatia all’interno delle specialità mediche nelle quali è stata studiata da tempo, contribuisce alla creazione d’un rationale atto a giustificare un programma di ricerca sperimentale anche nel nostro campo.

Condizioni morbose delle vie aeree

Sulle vie respiratorie e le sindromi influenzali et similia abbiamo molti studi in doppio cieco. Exempli gratia, cito quelli sull’Oscillococcinum (il rimedio “di punta” della Boiron):  Casanova P & Gerald  R (1988); Ferley J P et al (1989);  Papp R et al (1998). Dai trials emerge oggettivamente l’efficacia del rimedio superiore al placebo. Nonostante ciò, è stata rilevata una differenza fra l’Oscillococcinum 200 K (il rimedio sviluppato, studiato e commercializzato, dalla Boiron che ha sempre dato risultati positivi in tutte le sperimentazioni) ed una sua variante prodotta da altro laboratorio specificatamente per un solo studio: anas barbariae 200 CH.

Fino a replica di quest’ultimo, resta difficile appurare se le differenze nei risultati conseguano alla diversa diluizione / dinamizzazione, oppure ad errori nella produzione del rimedio.

La 200 CH, infatti, richiede 200 diluizioni e dinamizzazioni che avvengono in 200 boccette diverse. Basta un singolo errore in un solo passaggio per compromette tutto. Per tali motivi, molti omeopati preferiscono usare per le diluizioni / dinamizzazioni superiori alle 30 CH le K (200 K; 1.000 K; 10.000 K ; 50.000 K; 100.000 K).

Un altra tipologia di control studies sono quelli fatti versus il trattamento convenzionale di riferimento. Alcuni di questi studi sono: Gassinger et al., 1981[14];  Friese et al., 1997[15]; Kruse, 1998[16]; Riley D et al, 2001[17]; Rabe et al, 2004[18]; Ammerschlager et al, 2005[19]; Trichard et al, 2005[20].

Molti trials condotti vs farmaci convenzionali di riferimento riportano risultati lievemente superiori a favore dell’Omeopatia. E’ difficile, però, effettuare una reale comparazione fra i due trattamenti. Alcune cure convenzionali, infatti, richiedono tempi di trattamento pre-determinati. Exempli gratia, un trattamento antibiotico richiede una durata minima di 5 giorni. Pertanto, l’influenza trattata con la somministrazione d’antibiotici richiede un decorso sovrapponibile al trattamento.

Sono stati studiati anche i “complessi omeopatici” versus i farmaci convenzionali. Exempli gratia, fra i complessi sviluppati dalla Heel abbiamo: Grippheel (Maiwald et al, 1988; Rabe et al, 2004); Euphorbium compositum (Ammerschlager et al, 2005); Traumeel (Oberbaum et al, 2001). I data propendono a sostenere l’efficacia.

Questi data sono importanti per fare alcune precisazioni e “distinguo” sui risultati ottenuti da Mathie R.T. et al. (2017) circa la not-individualised homeopathy. Chi scrive ravvede la necessità di condurre nuove Reviews sui RCTs di not-individualised homeopathy dividendo questo gruppo in tre sub-gruppi diversi: uno per i soli RCTs fatti usando complessi (costituiti da un mix di rimedi in Basse Potenze); uno per i soli RCTs che prescrivono singoli rimedi in Bassa Potenza; uno sui RCTs con prescrizioni di rimedi in Alta Potenza.

Come si vedrà infra, i data sperimentali pro tempore suggeriscono che alcuni complessi (da distinguere caso per caso, RCTs per RCTs) hanno risultati analoghi ai farmaci di riferimento e/o superiori al placebo (per alcune determinate condizioni morbose) anche con prescrizioni di not-individualised homeopathy. Di contro, i singoli rimedi, soprattutto se prescritti ad Alte Potenze, non riportano effetti terapeutici con prescrizioni di not-individualised homeopathy.

Exempli gratia, il primo studio dimostra l’equivalenza fra Grippheel e l’aspirina. Lo studio è stato randomizzato e fatto in singolo cieco su una popolazione di soldati dell’esercito affetti da raffreddore (Maiwald et al, 1988). Questa equivalenza è stata confermata da un secondo studio (Rabe et al, 2004).

Nella sesta edizione del testo Omeopatia-Omotossicologia – Le Prove scientifiche (Milani Leonello, Coordinatore) sono elencati per l’apparato respiratorio e le sindromi influenzali: 19 trials clinici versus placebo che riportano la superiorità del rimedio omeopatico; e 21 trials clinici versus farmaco allopatico corrispondente che riportano, 16 la non inferiorità e 5 la superiorità del rimedio omeopatico.

Malattie arto-reumatiche

I trials clinici mostrano risultati promettenti, nonostante alcuni RCTs minoritari riportino data  “contradittori” verso i primi.

Da una parte, infatti, abbiamo i trials clinici che rilevano una differenza statisticamente significativa fra l’azione del rimedio omeopatico ed il placebo (Gibson et al., 1978[21]; Gipson et al, 1980[22]; Fisher P et al., 1989[23]; Wiesenauer & Gaus, 1991[24]; Bell et al, 2004b[25]) e/o che rilevano l’uguaglianza del trattamento omeopatico col corrispettivo trattamento convenzionale (Nahler et al, 1996[26]; Shealy et al, 1998[27]; van Haselen & Fisher, 2000[28]; Bell et al, 2004a[29]).

Dall’altra parte, però, alcuni trials non rilevano una differenza statisticamente significativa fra il verum ed il gruppo placebo (Shipley et al, 1983[30]; Fisher P, 1986[31]; Andrade et al, 1991[32]; Schirmer et al., 2000[33]; Fisher & Scott, 2001[34]).

Da una analisi più attenta, però, emerge quanto accennato supra:

  • quando la terapia omeopatica è prescritta su base individualizzata (individualised homeopathy) i risultati sono tendenzialmente favorevoli per l’Omeopatia;
  • quando il rimedio omeopatico è prescritto su base “non individualizzata” (ma nosologica), viene meno la differenza statistica, salvo che (come detto supra) la prescrizione di not-individualised homeopathy riguardi alcuni complessi.

Quest’ultimi a causa dell’ampio spettrum dei componenti e dell’uso delle Basse Potenze decimali riescono a coprire una pluralità di individualità morbose. Le Basse Potenze (contrariamente alle Alte), inoltre, non richiedono una particolare “sensibilità” del soggetto al rimedio.

Concludendo, condivido i risultati di due meta-analisi (Jonas et al, 2000; Holdcraft et al, 2003) che suggeriscono come l’omeopatia sembri avere effetti terapeutici sulle malattie reumatiche, sebbene non possano essere assunte “affermazioni conclusive”.

Nella sesta edizione del testo Omeopatia-Omotossicologia – Le Prove scientifiche (Milani Leonello, Coordinatore) sono elencati per le patologie articolari: 15 trials clinici versus placebo che riportano la superiorità del rimedio omeopatico; e 21 trials clinici versus farmaco allopatico corrispondente che riportano, 13 la non inferiorità e 8 la superiorità del rimedio omeopatico.

Gli studi in Immuno-allergologia.

I trials in thema includono molte sperimentazioni fatte sulla base del principio isoterapico (HIT). Quest’ultimo, e.g., usa l’agente allergologico (e.g. il polline che causa l’asma allergico) per curare la stessa allergia somministrandolo in dosi omeopatiche.

Alcuni studi rilevano differenze statistiche fra il rimedio omeopatico ed il placebo (Wiesenauer & Ludtke, 1987, 1995; Matusiewicz, 1995, 1996, 1997;  Lara-Marquez et al, 1997;  Riveron-Garrote et al, 1998). Altri l’equivalenza fra il trattamento omeopatico e quello convenzionale (Weiser et al, 1999; Witt et al, 2005).

Di contro, tale differenza non è rilevata da una letteratura minoritaria (Aasbel, 2001; White et al, 2003; Dantas, 2003; Li et al, 2003). Uno studio rileva risultati peggiori nel verum rispetto al placebo (Aasbel, 2000).

Diversi studi retrospettivi rilevano data promettenti a favore dei trattamenti omeopatici (Mosquera Pardo, 1990; Castellsagu, 1992; Eizayaga & Eizayaga, 1996).

Sull’immunoterapia omeopatica (HIT) c’è il famoso studio in “doppio cieco” pubblicato sul The Lancet (Reilly et al, 1986)[35]. Lo studio uso’ Pollen alla 30 CH, costituito da una miscela di 12 pollini. L’efficacia terapeutica fu confermata da: Campbell et al (1990); Reilly et al (1994); Taylor et al (2000). Di contro, Lewith et al (2002) fallirono nel riprodurre l’esperimento ottenendo risultati negativi.

Alcuni studi testano “farmaci convenzionali” in dosi “omeopatiche”, ad esempio: l’istamina.

Boucinhas & DeMadeiros Boucinhas (1990) hanno condotto uno studio sull’efficacia profilattica di Poumon Hystamine 5 CH sulle crisi di asma. Lo studio riporta data favorevoli nella riduzione della frequenza delle crisi. Il disegno sperimentale utilizzato, però, fu criticato in letteratura (Poitevin, 1998). Esso fu ritenuto incapace di fornire prove sufficienti.

Nella sesta edizione del testo Omeopatia-Omotossicologia – Le Prove scientifiche (Milani Leonello, Coordinatore) sono elencati per le patologie allergiche: 11 trials clinici versus placebo che riportano la superiorità del rimedio omeopatico; e 6 trials clinici versus farmaco allopatico corrispondente che riportano tutti la non inferiorità del rimedio omeopatico.

Prime Osservazioni

Complessivamente possiamo rilevare come esista in letteratura una pluralità di RCTs, con buona validità interna e Qualità, atta a sostenere la validità del Sistema Clinico-Farmaceutico Omeopatico. L’assenza di effetti collaterali causati da questi rimedia rende razionale in una analisi costi-benefici una sperimentazione di questi all’interno d’un trattamento integrato degli stessi anche nel nostro campo.

Tale sperimentazione dovrebbe essere fatta con prescrizioni di Individualized Homeopathy. Esse dovrebbero conseguire a diagnosi omeopatiche fatte solo da medici omeopati (unicisti e/o pluralisti) capaci di cogliere l’individualità morbosa del paziente. Ancora, potrebbe essere utile condurre RCTs e Reviews diversi/e per i trattamenti unicisti e pluralisti (evitando di mischiare queste due forme).

Di contro, prescrizioni non-individualizzate (fatte su base nosologica) condurrebbe al fallimento della sperimentazione (salvo quanto detto per i complessi).

Personalmente, ritengo i complessi utili per un “primo sollievo” (come tutti i farmaci da banco) in attesa d’una visita medica omeopatica. Essi, infatti, non permettono di chiarire: (1) se l’azione biologica / terapeutica sia causata dall’intero complesso, come “unità” che trascende la somma delle sue singole parti, e/o dall’azione d’alcuni dei rimedi che lo compongono; (2) in quest’ultimo caso, non permette di comprendere quali siano i rimedi del complesso capaci di causare l’azione terapeutica; (3) inoltre, il complesso “funziona” su base nosologica solo con Basse Potenze. Questo preclude l’utilizzo delle Alte Potenze che hanno effetti maggiori, spesso più intensi e profondi. Nel mentale, inoltre, l’Omeopatia funziona con le Alte Potenze, non con le Basse.

L’Omeopatia ed i SADDs – Un Rationale un Programma di Ricerca

Nella sesta edizione del testo Omeopatia-Omotossicologia – Le Prove scientifiche (Prof. Leonello Milani, Coordinatore) sono elencati per le patologie neurologiche-psichiatriche: 14 trials clinici versus placebo che riportano la superiorità del rimedio omeopatico; e 8 trials clinici versus il farmaco allopatico di riferimento che riportano, 7 la non inferiorità del rimedio omeopatico sull’allopatico e 1 la superiorità del rimedio omeopatico. Quest’ultimo riguarda l’insonnia in età pediatrica. Le condizioni morbose considerate da questi studi sono: vertigini; ipercinesi; insonnia; depressione (da moderata a severa).

Conformemente a Guilleman J, Dorfman P & Tetau M (1989), la sperimentazione “psicofarmacologia omeopatica” sui ratti avvenne a partire dalla seconda metà del XX secolo. Alcuni dei primi rimedi testati furono: Ignazia; Gelsenium. Quest’ultimi, conformemente alla Materia Medica ed al Repertorio, sono tradizionalmente indicati per tropismi del, ed azioni sul, Sistema Neurologico, oltre che per stati ansiosi (Boericke W, 1998; Vermeulen F, 2015; Synthesis edizione 7.1). I rimedi sono stati testati a diverse diluizioni / dinamizazioni. L’obiettivo delle ricerche era quello d’osservare la capacità d’agire sui modelli d’ansia acuta e/o cronica. La sperimentazione sui topi ha prodotto risultati positivi. Ha confermato, inoltre, l’efficacia differente fra le diluizioni / dinamizzazioni.

Questi studi sono stati più volte replicati. Negli anni ”80, un gruppo di ricerca voluto da Boiron confermò l’azione di Gelsenium sulla captazione dei neurotrasmettitori (dopamina; noradrenalina; serotonina) da parte dei recettori. Dalle sperimentazioni in vitro, emerse il diverso effetto delle diluizioni. Exempli gratia, la 1, 2 e 3, CH hanno azione inibente. Di contro, diluizioni / dinamizzazioni maggiori aumentano la captazione da parte dei recettori.

Negli ultimi decenni, la crescente prescrizione di farmaci antidepressivi ed ansiolitici da parte dei GPs, i loro effetti collaterali ed i dubbi sulla loro reale efficacia, hanno stimolato la ripresa delle ricerche sui “trattamenti alternativi” per valutare un loro possibile impiego all’interno d’un trattamento integrato.

Nel 2005, l’Università di Wesmister condusse una serie di indagini sulle medicine alternative e sulla loro capacità di trattare i disturbi depressivi. Exempli gratia, fu condotta una ricerca sullo yoga (Pilkington K, Kirkwood G, Rampes H, Richardson J, 2005) ed un altra sull’Omeopatia (Pilkington K, Kirkwood G, Rampes H, Fisher P, Richardson J, 2005). Quest’ultima rilevò una limitata presenza di RCTs (ne individuò solo 2) sugli effetti terapeutici che l’Omeopatia ha sulla depressione. Concluse, pertanto, la necessità di sviluppare maggiore ricerca in thema. Una conclusione condivisa anche da uno studio australiano dell’Università del New England (Makich L, HussainR, Humphries JH, 2007). Quest’ultimo rilevò che la maggior parte dei medici omeopati prescrivono l’omeopatia nel trattamento della depressione assieme ad altri “trattamenti” quali: cambiamenti nello stile di vita e nella nutrizione; fitoterapia; aromoterapia; esercizio fisico; etc … . Tutti questi “trattamenti ausiliari”, agendo da variabili confondenti, resero impossibile comprendere se il miglioramento clinico fosse conseguito al rimedio omeopatico e/o ad altri fattori. Ricordo come un “semplice supplemento” di magnesio produce effetti positivi e benefici sulla depressione (Serefko A et al, 2013). L’incremento dell’attività fisica (studi già citati nel Cap I) fa lo stesso. Pertanto, la situazione del tempo precludeva data con buona validità interna.

Nel 2012 fu pubblicato uno studio della Boston University (School of Medicine; School of Public Health) che indicava come i trattamenti della Complementary and Alternative Medicine (CAM) possono avere una certa utilità all’interno d’un trattamento integrato sui disturbi psicopatologici dei rifugiati e dei soggetti sopravvisuti ad esperienze di tortura (Torture and Torture-Related Morbidities). Sebbene ulteriore ricerca sia necessaria, in quanto i risultati hanno forti limiti (Mckenna Longacre et al., 2012), essi sembrano promettenti. I disturbi esaminati sono stati: sequelae di trauma; dolore cronico – psicosomatico; depressione maggiore; PTSD; disturbi da conversione. Le forme di medicina complementare esaminate sono: l’Omeopatia; lo Yoga (tecniche di respirazione pranayama); l’Ayurveda; i Massaggi; la Danza ed il muovimento; le Tecniche di Meditazione; la Musicoterapia; la Medicina Tradizionale Cinese; l’Agopuntura; il Qi – Gong; il T’ai chi; la Chiropratica; l’Aromaterapia; il Reiki.

Nel 2006, l’Università di Verona accolse l’appello di migliorare la ricerca, incrementando la validità interna. Un gruppo di ricerca (Bellavite; Conforti; Magnani) iniziò a condurre nel Centro Interdipartimentale di Ricerca Sperimentale sugli Animali di Laboratorio diversi studi sui modelli comportamentali e di ansia nei topi. Questi studi, condotti col massimo rigore scientifico, hanno fornito research findings corroboranti la capacità dell’omeopatia d’agire sul Sistema Nervoso.

I ricercatori hanno dimostrato (ricerche sperimentali più volte replicate) che Gelsenium sempervirens alla 5, 7, 9, 30 CH, ha la capacità di ridurre la sintomatologia ansiosa (Bellavite P et al, 2009; Bellavite P et al, 2010; Bellavite P et al, 2011a; Bellavite P et al. 2011b; Bellavite P et al, 2012). Gli esperimenti hanno riportato risultati altamente significativi nel test Ligh-Dark (LD) e risultati significativi nel test Open Field (OF). I valori P emersi dall’ANOVA, caso per caso, hanno avuto livelli di significatività statistica differenti con: p < 0.05;  p < 0.01; p < 0.001.

Alcune diversità nei risultati conseguono alle diluizioni / dinamizzazioni. La 5, 7, 30 CH hanno avuto altissima significatività nel test OF, mentre la 9 e 30 CH nel test LD. Dall’esperimento emerge un’efficacia simile al Diazepam.

Altro farmaco di riferimento utilizzato fu il buspirone. Gelsenium, in quest’ultimo caso, ha riportato risultati migliori rispetto a quest’ultimo senza causare i suoi effetti collaterali. Il buspirone, infatti, mostrò azione ansiolitica quasi nulla, provocando solo inibizione del muovimento. Gelsenium, di contro, mostrò effetti ansiolitici nel test (OF) dove i farmaci convenzionali “fallirono” senza causare inibizione nel movimento.

I ricercatori, su questi data, ipotizzarono la possibile capacità dei rimedia omeopatici d’avere spettri d’azione maggiori rispetto ai farmaci convenzionali sui disturbi comportamentali. Un ipotesi interessante che, però, resta ancora da verificare con RCTs sull’uomo.

Come avviene ogni volta che il Paradigma Ufficiale è contraddetto, ci fu “polemica”. Due ricercatori dell’Istituto Mario Negri (Cervo L & Torri V, 2011) scrissero una lettera alla Rivista (Psychopharmacology) affermando la non riproducibilità delle ricerche. La Rivista, così’, richiese al gruppo di Bellavite una replica definita “cogent”. La replica fu immediatamente pubblicata dalla stessa Rivista e da altre (Bellavite P et al, 2011c; Bellavite et al, 2011d).

I research findings su Gelsenium si basano su 14 esperimenti condotti in doppio cieco, randomizzati, controllati e riproducibili. Questi esperimenti, hanno provato l’azione di Gelsenium sui modelli d’ansia provocati nei topi e l’efficacia delle Alte Potenze.

Altro rimedio testato fu Ignatia amara. Conformemente a Marzotto M et al (2012), Ignazia ha dimostrato la capacità di modulare l’ansia nei topi similmente al Diazepam.

I risultati ottenuti in questi esperimenti, però, non provano l’efficacia dei rimedi sull’uomo. La ricerca sugli animali è solo il “primo passo” per arrivare a quella sull’uomo, rendendo rationale quest’ultima.

Adler et al (2009) condussero un RCTs sull’uomo che dimostrò la non inferiorità terapeutica del medicinale omeopatico versus il farmaco di riferimento (Fluoxetina) nel trattamento delle depressioni che andava da forme moderate a severe. Le cure omeopatiche, gestite da medici omeopati specializzati, furono di “individualized homeopathaty”. Le diluizioni / dinamizzazioni furono le Q (LM).

Lo studio fu condotto in Brasile dove l’omeopatia è una Specialità Medica ufficialmente riconosciuta e dove la depressione è un problema cogente. Il 19,2% della popolazione è affetta dalla depressione. Il trial fu in doppio cieco, randomizzato, conformemente ai più rigidi criteria del Research Methods ed è uno di quelli citati dal Prof. Leonello Milani.

L’unica critica che può muoversi a questo RCT è quella che diversi SSRIs, inclusa la Fluoxetina, sono risultati incapaci di produrre effetti superiori a quelli del placebo (Kirsch et al, 2008). Se così fosse, la capacità di produrre gli stessi effetti della Fluoxetina significa produrre gli stessi effetti del placebo!

Uno studio messicano (Macías-Cortés, Emma del Carmen et al, 2016) cerca di approfondire questo thema. Lo studio è condotto sulla depressione (da moderata a severa) Peri-e-Post-menopausale delle donne (HOMDEP-MENOP Study). Lo studio compara l’omeopatia e la Fluoxetina versus placebo. I risultati sono stati che: l’Omeopatia (Individualized Homeopathic Treatment) è in grado di riportare risultati migliori rispetto al placebo; la Fluoxetina, di contro, non lo è.

Quanto detto, rende necessario sviluppare RCTs solo versus placebo, non versus farmaci convenzionali di riferimento. Quest’ultimi, come visto, non sono sempre “termini di paragone” affidabili. Un RCT versus placebo fu condotto nel 2014 dal Dipartimento di Psicologia dell’Islamic Azad University (Iran). Lo studio fu fatto con la collaborazione del Homeopathic Center dell’Iran. L’oggetto dello studio furono gli effetti terapeutici dei rimedi omeopatici sull’ansia e sulla depressione (Bagherian M, Mojembari AK and Hakami M, 2014).

I rimedi furono prescritti su base costituzionale (individualized homeopathy). Le conclusioni dell’RCT (condotto in doppio cieco, randomizzato, versus placebo) furono che: “homeopathic therapy can be used as an effective method to treat anxiety”.

A partire dal 2014, l’Università di Sheffield (UK) attivò un programma di ricerca per valutare se l’Omeopatia potesse avere impatti positivi all’interno d’un trattamento integrato nella depressione (Viksveen P. Relton C. Nicholl J., 2017a, 2017b; Viksveen P. & Relton C., 2017, 2014). Lo studio considera i Disturbi Depressivi in quanto (assieme ai Disturbi d’Ansia) rappresentano la condizione morbosa psicopatologica più diffusa per la quale ci si rivolge ai medici Omeopati (Relton C, Chatfield K, Partington H, Foulkes L. 2007; Mathie and Robinson, 2006; Becker-Witt C, Lüdtke R, Weishuhna TER, Willich SN, 2004).

La ricerca condotta all’Universita’ di Sheffield concluse che: “Limited evidence … suggests HMPs might be comparable to antidepressants and superior to placebo in depression, and patients treated by homeopaths report improvement in depression”, nonostante ciò gli autori riconoscono la necessità di aumentare la ricerca ed il numero degli studi d’alta qualità. Tutto sommato, le prove suggeriscono “a potentially promising risk benefit ratio” (Viksveena P, Fibertb P, Reltonb C, 2018). Quest’ultima rende razionale include, almeno in via sperimentale, all’interno dei trattamenti integrati nei Disturbi Depressivi anche la terapia omeopatica. Terapia prescritta e gestita da un medico omeopata specializzato.

La presenza di studi “apparentemente contradittori” nella letteratura scientifica non giustifica, in se e per se, il rigetto dell’approccio terapeutico omeopatico. Questo, a fortiori, considerando che la stessa “apparente contradittoria” emerge nei RCTs condotti sugli psicofarmaci convenzionali. Un altra forma di ragionamento non contingente. Che senso ha, infatti, prescrivere la Fluoxietina (con i suoi effetti collaterali) e non l’omeopatia (senza effetti collaterali) quando entrabe producono gli stessi risultati?!?!

Ho parlato di “apparente contraddittorietà”. Di contro, avrei dovuto dichiarare l’Inconsistenza del Sistema e del Metodo Scientifico! Una contraddittorietà apparente in quanto alcuni RCTs (in realtà) sono più attendibili di altri che sostengono risultati opposti. Esempio molti studi indipendenti sono risultati più “rigorosi” e meno permeabili alle varie forme di bias, rispetto agli studi condotti e/o finanziati da chi possa avere un interesse nel loro risultato. Fatto riconosciuto più volte, diventando un criterium di valutazione degli stessi, dalla Magistratura.

L’Università di Sheffield stà conducendo dei trials clinici anche sull’Attention Deficit Hyperactivity Disorder (ADHD) al fine di vagliare l’efficacia dei trattamenti omeopatici su questo disturbo comportamentale. La ricerca omeopatica è motivata dal fatto che l’utilizzo degli psicofarmaci (e.g. Ritalin) creano effetti negativi sulla salute dei minori. Un range che va dal 25% al 35% dei bambini con diagnosi ADHD, inoltre, non risponde ai trattamenti convenzionali. Questo avviene specialmente quando l’ADHD è presente in commorbidità con un disturbo dello spettro autistico. La ricerca condotta da alcuni studenti di PhD all’Università di Sheffield (cofinanziata dal HRI e dall’Università) suggerisce l’efficacia della terapia omeopatica per tale condizione morbosa. Lo studio coinvolse 20 bambini e fu oggetto della tesi di PhD di Philippa Fibert (Clare Relton e Elizabeth Milne, supervisors). Vedere: Fibert P et al. (2016); Fibert P. (2015).

Fino al DSM IV-TR, nello spettro dei disturbi ansiosi c’erano i disturbi compulsivo-ossessivi (OCD). Una categoria divenuta autonoma col DSM V. Conformemente alla letteratura maggioritaria (Veale D & Roberts A, 2014), l’omeopatia al pari della psicoanalisi e dell’ipnosi non ha efficacia terapeutica su questi disturbi. L’unico trattamento efficace è rappresentato dai farmaci (SSRIs) e dalla terapia Cognitivo-comportamentale. L’uso degli anti-psicotici, somministrati a basse dosi e per brevi periodi, può essere indicato solo per i pazienti refrattari agli SSRIs ed alla psicoterapia Cognitivo-Comportamentale.

Di contro, alcuni studi sugli animali sembrerebbero “suggerire” una possibile efficacia dell’Omeopatia anche per gli OCD. All’Università di Istanbul, Facoltà di Medicina Veterinaria, è stato condotto uno studio che ha utilizzato un trattamento omeopatico per curare comportamenti stereotipati nei cavalli (Parkan Yaramis C et al, 2016). Lo studio rileva l’efficacia del trattamento omeopatico sul un sample di 17 cavalli.

Risultati come questi, potrebbero rendere razionale “provare” un loro impiego anche sull’uomo (vista l’assenza di effetti nocivi).

Un caso clinico di OCD è stato osservato in una donna che chiameremo D. D. . Chi scrive ha visto il video con le registrazioni delle visite mediche ed i follow ups.

La donna, da diversi mesi, presentava un numero elevato di compulsioni che rendevano impossibile una vita “normale” a lei ed alla sua famiglia. Così, si recò da uno psichiatra. Questo le diagnosticò un disturbo compulsivo-ossessivo. Dato che le compulsioni raggiunsero livelli tali, non più gestibili dalla paziente, lo psichiatra le consigliò di iniziare con una terapia farmacologica da affiancare, successivamente, con una terapia cognitivo-comportamentale.

La paziente non era entusiasta d’usare gli psicofarmaci. Cosi, prima di acconsentire a questo tipo di trattamento, volle provare come “ultima spiaggia” un trattamento omeopatico. Ella consultò un medico omeopata (nel caso di specie, per fortuna, uno dei più bravi). Quest’ultimo, dopo averle spiegato tutti i limiti dell’Omeopatia ed averle raccomandato di tenere presenti le indicazioni terapeutiche dello psichiatra, fece una visita omeopatica per prescrivere un rimedio omeopatico “individualizzato” che potesse aiutarla ad ottenere qualche beneficio.

Durante la visita emerse un quadro clinico che fece prescrivere Rhus Toxicodendron 10.000 K.

La paziente riportò subito forti miglioramenti nelle 24 ore successive, così marcati da essere inaspettati per lo stesso medico omeopata. La maggior parte delle compulsioni che resero la “vita impossibile” alla paziente ed alla sua famiglia si “dissolse” nel nulla. Rimasero solo quelle “piccole ritualità” (con le quali la paziente aveva convissuto tutta la vita) che riusciva a “gestire bene”.

I miglioramenti furono riferiti dalla paziente e dalla sua famiglia. Essi restarono costanti nel tempo.  Il venir meno delle compulsioni fu rilevato subito dai famigliari. La paziente riferisce di non essersene quasi accorta all’inizio.

Exempli gratia, una compulsione riguardava lo “stato di salute” della madre. Ogni volta che salutava la madre, quest’ultima doveva ripetere il saluto (per diverse volte e sempre in numero pari) fino a quando la paziente non riteneva che fosse “sufficiente” per scongiurare le sue “preoccupazioni / ossessioni”.

Quello che avveniva era il seguente rituale:

Ciao mamma

Ciao D.D.

Ciao mamma

Ciao D.D.

Ciao mamma

Ciao D.D.

n.      

La cosa poteva andare avanti per 10 /15 minuti.

Questa ritualità sparì il giorno stesso. Quando la paziente andò a trovare la madre, la salutò semplicemente con un “Ciao mamma”. La paziente riporta che non si rese neppure conto d’aver “omesso” la ritualità / compulsione. Fu la madre (che ancora non sapeva della visita omeopatica e dell’assunzione del rimedio) che osservò subito il cambiamento.

Un insieme di ritualità che rendevano alla paziente la “vita impossibile” avvenivano anche prima d’“uscire di casa”. Ogni volta che doveva uscire era “costretta” a fare una serie di “lunghe ritualità” (che comprendevano azioni da fare sempre in numero pari) che potevano durare anche mezz’ora o più. Nel caso in cui si dimenticava qualcosa e doveva rientrare in casa, doveva ripetere tutte le ritualità nuovamente prima di uscire.

Anche questa ritualità fu abbandonata subito. Fu il marito ad accorgersene vedendola uscire di casa senza fare alcun rituale. La paziente dice che neppure se ne accorse e/o ci pensò!

Il rimedio omeopatico, in altre parole, aveva riportato la vita della paziente alla fase anteriore all’acutizzarsi del disturbo compulsivo/ossessivo. Le rimasero, infatti, quelle “piccole ritualità” (definite scaramantiche) con le quali la paziente convisse tutta la vita ed era capace di “gestire bene”.

Questo caso clinico, che non vuole dimostrare: né, che l’Omeopatia può risolvere tutti gli OCD; né, tanto meno, che Rhus Toxicodendron può avere questo tipo di “raccomandazione clinica”; … tuttavia suggerisce (all’interno d’una analisi costi-benefici) che non è irrazionale effettuare un programma di ricerca per valutare se effettivamente l’omeopatia possa apportare dei benefici, all’interno d’un trattamento integrato, in queste forme morbose. Se può contribuire al benessere del paziente, perché no? Irrazionale è non tentare e non studiare il phenomenum.

Essendo una prescrizione individualizzata, il rimedio usato con la paziente D. D. non può funzionare su altri pazienti. Quest’ultimi, infatti, necessitano di rimedi individualizzati diversi.

Questo caso, inoltre, sottolinea come in Omeopatia l’incidenza degli elementi soggettivi del medico omeopata sia forte. Ad esempio, un sample di medici omeopati che, guardarono la registrazione delle visite mediche ed omeopatiche (senza che gli fosse detto il rimedio prescritto), non fu capace ad individuare il rimedio. Di contro, ci fu la tendenza generale a prescrivere rimedi diversi tratti fra quelli che, classicamente, hanno azione / tropismo prevalente sul sistema nervoso.

Questo sottolinea nuovamente la forte differenza fra il trattamento farmacologico convenzionale e quello omeopatico. Il primo è più semplice da gestire, attraverso protocolli standardizzati nei quali i fattori soggettivi dei medici tendenzialmente hanno minor incidenza. Nella stessa condizione morbosa, lo stesso farmaco viene individuato da tutti coloro che seguono il protocollo. Nel secondo caso, non è così. La bravura, l’intuito e la soggettività, hanno un ruolo determinante nella diagnosi omeopatica. Questo rende necessario coinvolgere nelle ricerche, non mi stancherò mai di dirlo, omeopati di “prim’ordine”. L’uno non vale l’altro.

Chi progetta e/o conduce ricerche in omeopatia (RCTs) deve: a) conoscere ed aver studiato l’Omeopatia; b) conoscere bene i medici omeopati e le loro abilità soggettive, i loro approcci e le loro posizioni epistemologiche; c) conoscere i rimedia della Materia Medica ed i Repertori; d) conoscere il Research Methods e la Teoria della Scienza.

  

[1]       Esistono alcune eccezioni. Alcuni rimedi possono avere particolari tropismi e/o azioni per determinate condizioni cliniche. Arnica montana ne è un esempio. Iannitti T et al. (2016) hanno condotto uno studio che prova la maggiore efficacia d’Arnica montana vs placebo nel trattare condizioni severe di “post-traumatic and postoperative pain, edema and echymosis”. I ricercatori dell’Università di Verona e dell’Università di Modena e Reggio Emilia hanno concluso che Arnica montana può essere una valida alternativa ai farmaci antifiammatori non-steroidei (FANS) almeno per alcune condizioni specifiche.

[2]       Perché talvolta funziona? Perché “parlare e parlare” stimola la mentalizzazione. Quest’ultima, però, non è un “istituto” proprio della Psicodinamica / Psicoanalisi. Altri approcci (più scientifici) possono svilupparla senza far cadere i soggetti in derive semiotiche. Ancora, la risoluzione del “problema” non consegue al “parlare e parlare” per anni, ma al mero fatto che, col passare degli anni (variabile confondente di forte impatto), cambiano tutti i presupposti e tutte le condizioni (fattori sociali, economici, etc…) che hanno originato il “problema”. Venendo meno, cessa il “disagio”.

[3]       L’inclusione fu fatta non essendo stati sviluppati themae specifici per quest’ultime. Di contro, Roberto Petrucci (2019 – opera ancora da pubblicare. Uscita prevista per Maggio 2019) la scompone. E.g., le Orchidaceae sono presentate come famiglia a se stante.

[4] essendo quest’ultima (fino alla sua occorrenza) nello stesso tempo sia vera che falsa (P e NON P). Solo quando accade, assume un valore di verità.

Essendo lo stato di verità basato solo sulle “probabilità”, esso è fortemente determinato da molteplici fattori, incluse le credenze che gli osservatori hanno e/o gli atteggiamenti dei soggetti coinvolti in quella situazione “a vario titolo”. In altre parole, esso è fortemente contingente, assumendo valori diversi al mutare anche d’un solo fattore. Conformemente alla teoria del Kaos, lo stato finale consegue alle condizioni iniziali del Sistema, ovvero ‘occorrendo anche un solo fattore diverso, la conclusione è differente. In Fisica è chiamato The Butterfly Effect; in Psicologia, avendo le credenze un ruolo determinante nei comportamenti, la Profezia che si Auto-Avvera.

Pertanto, in tutte le Scienze probabilistiche siamo sempre difronte al dilemma del “gatto di Schrodinger”: sia vivo che morto allo stesso tempo. Solo all’aprire la scatola si concretizza uno stato di verità, prima indeterminabile, causando il collasso della funzione d’onda quantistica (che contiene entrambe le probabilità) in una sola delle due contingenze possibili.

[5] Exempli gratia, per esperienza, molte volte ho rilevato come professionisti di queste discipline (e.g. Psicologi; Assistenti Sociali; etc…), assumendo fideisticamente per “certe” alcune credenze “statisticamente deboli” (sebbene: contradette da molti studi; difettanti della maggior parte dei fattori contestuali che ne sono indicatori; confutate dalla realtà fattuale che mostrava l’occorrere si situazioni opposte; etc …) hanno creato, profezie che si auto-avverano, portando ad “essere” le peggiori situazioni possibili.

Per istanza, “padri modello” che, su “false accuse” delle ex mogli (per motivi economici) hanno avuto negata la possibilità stessa di vedere, e di stare con, i propri figli. Questo, non solo gli ha precluso di creare un rapporto genitoriale con loro (si pensi ad un padre al quale è stato impedito di vedere il proprio figlio da quando aveva 5 anni fino all’adolescenza, 14 / 15), ma crea anche una “naturale” sfiducia nel Sistema e verso gli operatori (psicologi; assistenti sociali; etc…) che gli hanno precluso ogni contatto (mostrando: o, collusività con la ex moglie; e/o, l’essere facilmente manipolabili e poco professionali; e/o, l’avere pessime fantasie che arrivano a scambiare per realtà, nonostante i fatti mostravano l’opposto). Una sfiducia che, una volta manifestata, viene poi usata dagli stessi operatori che l’hanno creata per rafforzare le loro credenze negative verso il padre ed argomentare la necessità di tenerlo lontano dai figli in quanto “non collaborativo” con, e critico verso di, loro!!!!!

[6]       La Review (assieme agli allegati ed a due documenti del HRI (Response by the Homeopathy Research Institute to “the Australian report”; Homeopathy Research Institute (HRI) submission to public consultation for the NHMRC draft Information Paper on homeopathy) è disponibile sul sito internet del NHMRC.

Documenti reperibili: NHMRC Statement: Statement on Homeopathy (Marzo 2015); NHMRC Information Paper (Marzo 2015); Administrative Report (Marzo 2015); Frequently Asked Questions Arising From Public Consultation (Marzo 2015); Summary Of Key Issues: Draft Information Paper On Homeopathy — Expert Review Comments (Marzo 2015); List of considered evidence (Settembre 2013); Effectiveness of Homeopathy for Clinical Conditions: Evaluation of the Evidence (Settembre 2013); Effectiveness of Homeopathy for Clinical Conditions: Evaluation of the evidence (Ottobre 2013); Effectiveness of Homeopathy for Clinical Conditions: Evaluation of the Evidence (Novembre 2014).

Sul sito dell’HRI sono reperibili i seguenti documenti: Draft Australian Report; Overview Report, Overview Report Appendices; Review of Submitted Literature, List of Submitted EvidenceHRI response; HRI submission to public consultation.

La presenza dei documenti è stata verificata l’ultima volta nell’Agosto 2018.

[7]       Le domane e le risposte sono disponibili sul sito internet del Parlamento Australiano: hpps://www.aph.gov.au/Parliamentary_Business/Senate_Estimates/eqon).

[8]       Questo documento è reperibile al seguente indirizzo internet sul sito del HRI: https://www.hri-research.org.: “https://www.hri-research.org/wp-content/uploads/2017/04/Executive-Summary-to-Ombudsman-Complaint-re-NHMRC-Homeopathy-Review-FINAL.pdf”.

[9]       Chiamato: “A Systematic Review of the Evidence on the Effectiveness of Homeopathy.

[10]      Tutte le ricerche di base citate sono state pubblicate su Riviste Scientifiche Internazionali non omeopatiche quali (riporto in ordine alfabetico): Biomedical Pharmacology; British Journal of Clinical Pharmacology; Enviromental and Toxicologic Pharmacology; European Journal of Pharmacology; Experimentia; Human Toxicology; Immunopharmacology and Immunotoxicology; Inflammation Research; Integrated Cancer Therapy; International Journal of Neurosciences; International Journal of Oncology; International Journal of Immune Based Therapies and Vaccines; Journal of Molecolar Liquids; Journal of Pharmacology and Toxicology Methods; Microvascular Research; Nature; Neuroreport; Physica; Pulmonary Pharmacology & Therapeutics; Rheumatologia; Scientific World Journal.

Anche tutti i trials clinici condotti sull’Uomo (selezionati dallo stesso Comitato) sono pubblicati su 36 Riviste Mediche Internazionali non Omeopatiche e 9 Riviste Mediche Nazionali non Omeopatiche.

In ordine alfabetico, le Riviste Internazionali sono: Akta Rheumatologica; Allergologie; American Journal of Pain Management; American Revue of Respiratory Diseases; Annals of Internal Medicine; Archives of Facial and Plastic Surgery; Archives of Medical Emergency; Archives of Otolaringology / Head and Neck Surgery; Arzneimittel Forschung / Drug Research; BMC Clinical Pharmacology; British Journal of Clinical Pharmacology; British Medical Journal; Bullettin of Cancerology; Canadian Medical Assocetion Journal; Cancer; Dermatology; European Journal of Heart Failure; Explore; International Journal of Clinical Practice; Journal of Clinical Pharmacology; Journal of Head Trauma Rehabilitation; Journal of Musculoskeletal Research; Journal of Psycosomatic Research; Pediatrics; Pediatric Infectious Disease Journal; Pediatrics International; Pediatyric Nephrology; Pediatrie; Phlebology; Rheumatology; Sleep Medicine; The Lancet; Thorax; Thrombosis Research.

Le Riviste Nazionali: Deutsche Zeitschrift fur Sport Medizin; Erfahremgsheilk; Forschungmedizin; Hippocatres; Kinderarzt; La Riabilitazione; Orthopadische Praxis; Revue Francaise de Gynecologie et Obstetricie; Therapiewoche.

Sono state selezionate solo ricerche pubblicate sulle Riviste non Omeopatiche per garantire la loro: Validità Interna; Qualità (non inferiore a quella degli Studi Convenzionali ivi pubblicati); Imparzialità dei Pear Reviewers (che non erano pro omeopatia, ma meri scienziati che guardavano ai data).

[11]      Un interessante studio sull’isopatia applicata alle malattie causate da micro-organismi è il seguente. Nash T. et al. (1982) hanno condotto in Brasile (Stato che considera l’omeopatia una specialità medica) una ricerca isoterapica sui topi infettati dal Trypanosoma cruzi (malattia di Chagas). Il bioterapico preparato dal sangue infetto dei topi alla 10 DH ha determinato la diminuzione della parassitemia ed una soppressione della mortalità. Quest’ultima è del 100% nel gruppo di controllo. Un secondo bioterapico preparato da una base usata per produrre vaccinazioni per la Chagas alla 30 DH ha dato alcuni risultati positivi. L’osservazione istologica ha mostrato un numero statisticamente significativo più basso di parassiti rispetto a quello presente nei gruppi di controllo.

[12]      Una analisi dei soli RCTs sull’individualised homeopathy fu fatta anche da Linde & Melchart (1998). Gli autori però non condussero una complementare meta-analisi sui RCTs sulla not-ndividualised homeopathy.

[13]      Le indicazioni terapeutiche citate sono tratte dal prontuario pubblicato per i medici Americani (USA) dalla Casa Farmaceutica Heel: Routine Therapy – The Practitioner’s Handbook of Homotoxicology (2005); e Routine Therapy – The Practitioner’s Handbook of Homotoxicology (2010).

[14]      Compara l’Eupatorium perfoliatum 2 DH vs. Aspirina.

[15]      Compara i trattamenti omeopatici individualizzati vs i trattamenti convenzionali standard (inclusi gli antibiotici) nell’otite media dei bambini.

[16]      Compara i trattamenti omeopatici individualizzati vs i trattamenti convenzionali standard (antibiotici: amoxicillina; eritromicina; … // secretolitici: ambroxol; acetilcisteina; … // antifrebbrili: paracetamolo; …) nell’otite media dei bambini.

[17]      Compara i trattamenti omeopatici e convenzioni su patologie del tratto respiratorio superiore coinvolgendo 30 medici per un totale di 456 pazienti.

[18]      Compara un complesso omeopatico, Grippheel della Heel vs. NSAIDS.

[19]      Compara un complesso omeopatico a bassa diluizione, Euphorbium compositum della Heel, in versionespray nasale” vs. xylometazoline.

[20]      Compara i trattamenti omeopatici vs. antibiotici.

[21]      Eseguito presso l’Ospedale Omeopatico di Glasgow.  Condizione morbosa: artrite reumatoide. Tre gruppi: uno trattato con rimedi omeopatici; uno con salicilati in alte dosi; uno con placebo.  Debolezze: non fu randomizzato né in “doppio cieco”.

[22]      Lo studio fu in “doppio cieco” e valutò una terapia omeopatica individualizzata contro il placebo. Risultati statisticamente posivivi per il gruppo verum sugli indici clinici (dolore; rigidità articolare; etc…), ma nessuna differenza sulle variabili di laboratorio.

[23]      Lo studio compara Rhus toxicodendron versus placebo in uno studio in “doppio cieco” con cross-over. I risultati furono positivi per il trattamento omeopatico. Contrariamente a Fisher (1986) i pazienti inseriti nel gruppo Rhus toxicodendron erano pazienti con una “individualità morbosa” compatibile col rimedio. In altre parole fu usata una prescrizione individualizzata.

[24]      Rheumaselect (complesso) versus placebo in un trial randomizzato in doppio cieco. Efficacia superiore al placebo.

[25]      Studio condotto in Arizona sul trattamento della fibromialgia. Prescrizioni omeopatiche individualizzate alla 1 LM versus placebo. Risultati significativi a favore dell’omeopatia.

[26]      Zeel compositum N (complesso iniettabile) versu Hyalart (acido ialuronico). Equivalenza dei due trattamenti.

[27]      Trattamento omeopatico versus acetaminofene per trattare il dolore nella osteoartrite. Risultati uguali senza differenze statistiche, se non l’assenza di effetti collaterali nei rimedi omeopatici.

[28]      Gel omeopatico versus farmaco convenzionale  (NSAID in gel, piroxicam). Fu rilevata l’assenza di alcuna differenza statisticamente significativa.

[29]      Zeel compositum (complesso in tavolette) versus celecoxib inibitore di COX2 o rofecoxib. Nelle prime 4 settimane il miglioramento fu più marcato nella terapia convenzinale (celecoxib; rofecoxib) visto l’azione più veloce. Dopo 6 settimane i due trattamenti diedero risultati uguali.

[30]      Tre gruppi: Rhus toxicodendron; fenoprofene; placebo. Il rimedio omeopatico non fu prescritto su base individuale. Solo il gruppo trattato con fenoprofene ebbe risultati statisticamente significativi versus il placebo.

[31]      Trattamenti omeopatici (Arnica Montana; Rhus toxicodendron; Bryonia alba) versus placebo prescritti su base non individuale. Nessuna differenza statistica.

[32]      Miglioramento prevalente nel gruppo omeopatico, ma assenza di differenza statisticamente rilevante.

[33]      Lo studio non rivela alcuna differenza statistica fra il gruppo verum (formica rufa e isopatico: sangue del paziente) e placebo. Lo studio non usa l’omeopatia individualizzata e la mischia con l’isopatia (nella forma di: autoemoterapia).

[34]      L’omeopatia ed il placebo erano affiancati all’uso di FANS. Non fu rilevata alcuna differenza statistica nei due gruppi.

[35]      Esso fu pubblicato in forma di “preliminare” (Railly & Taylor, 1985) anche un anno prima.